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Quattro risoluzioni a livello parlamentare sulla cannabis ad uso industriale potrebbero finalmente dare una normativa al settore?

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Andiamo ad analizzarle insieme:

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La prima risoluzione, a firma Silvia Benedetti del Gruppo Misto ricalca più o meno le richieste da sempre fatte da tutte le realtà del settore e dai consumatori, pur non affrontando nel dettaglio come andare a tutelare effettivamente il consumatore.

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Si chiede di riconoscere che “tutti i prodotti derivati dalla canapa sativa, senza distinzione tra prodotti a base di semi o a base di infiorescenze, possano essere utilizzati nella preparazione di alimenti e cosmetici, attraverso una chiara e precisa iniziativa normativa, che riconosca che tutti i prodotti derivati dalla canapa industriale, senza distinzione tra prodotti a base di semi o a base di infiorescenze, non sono da considerarsi stupefacenti, inserendo la cannabis sativa, in tutte le sue parti, incluse le infiorescenze, nell’elenco delle piante officinalinon assoggettando a monopolio di Stato il mercato delle infiorescenze di canapa industriale.”

Una proposta molto interessante che potrebbe dare un primo scossone all’avanzamento sociale, seppur ancora non venga menzionato come si possa tutelare il consumatore senza intervenire, come sosteniamo da anni, direttamente sulla 309/90.

 

La risoluzione a prima firma Partito Democratico, tramite Susanna Cenni, chiede al governo una riorganizzazione della materia, in modo da garantire paletti chiari e norme sicure agli operatori del settore, sostenendo la necessità di “un tavolo tecnico al fine di favorire il reale sviluppo di intese di filiera sia per quanto riguarda le produzioni alimentari, sia quelle tessili, sia quelle impiegate nel settore della bioingegneria”.

Anche qui non si affronta il tema della tutela del consumatore, ma si vuole tutelare assolutamente il mercato, chiedendo che il Ministero della Salute indichi chiaramente i livelli massimi di residui di THC ammessi negli alimenti e di creare una riforma “per la modifica della legge n. 242 del 2016 che introduca elementi di chiarezza circa le modalità di coltivazione e di riproduzione della canapa”.

Ovviamente si chiede anche un incontro con associazioni di categoria, imprenditori e commerciali, al quale vedremo se avranno il buon senso di invitare la nostra associazione, sempre esclusa finora dai tavoli governativi (chissà perchè!)

 

La terza risoluzione a firma Michela Rostan del Partito Liberi e Uguali propone al Governo di definire un limite di concentrazione di THCche sia coerente con la legge n. 242 del 2016, evitando così che i commercianti siano passibili di vendita di sostanze stupefacenti e siano pertanto al sicuro nel loro mercato, senza anche in questo caso esporre come tutelare i consumatori dell’eventuale prodotto (ricordiamo che la soglia alla guida, per esempio, è 0,00000 % THC, quindi anche una sola inalazione dei prodotti definiti legali dalla 242 potrebbe portare ad un positivo, e quindi al ritiro patente, a volte anche veicolo, spesso perquisizioni casalinghe ecc. ecc.

La proposta chiede di istituire un tavolo di confronto immancabile con i protagonisti del settore, e chiede al Consiglio superiore di sanità di valutare in maniera chiara e scientifica l’eventuale pericolosità per la salute umana derivante dalla vendita di prodotti contenenti infiorescenze di canapa a basso contenuto di THC. (Perchè serve il parere, non bastano le evidenze scientifiche di oltre 20.000 anni di storia)
L’ultima risoluzione, proposta nientepopodimeno che da Fratelli D’Italia, a prima firma Maria Teresa Bellucci, chiede al Governo di esporre che tutti i prodotti derivati dalla canapa sativa, a base di infiorescenze, non possano essere utilizzati nella preparazione di alimenti e cosmetici e che si escluda la produzione delle infiorescenze, qualunque sia il loro contenuto percentuale di THC.

In pratica annullare tutto.

La risoluzione chiede che si sistemi la normativa affermando che tutti i prodotti a base di infiorescenze di cannabis siano considerati stupefacenti.

Questo porterebbe dunque al divieto di importazione e commercializzazione della canapa a basso contenuto di THC, nonché a sanzionare penalmente l’istigazione all’uso di droghe, e bloccare la vendita dei prodotti.

Parallelamente si propone una campagna informativa contro l’uso di sostanze illecite, compresa ovviamente la cannabis.

 

 

Se le tre proposte sono “positive” ma mancano di carattere risolutivo e logico, la quarta proposta è il ritorno al passato.

Tipico dell’Italia: si fanno le cose o a metà oppure non si fanno.

Eppure sarebbe così facile ascoltare le Associazioni che studiano queste situazioni, che lavorano sul territorio, che sono a contatto quotidianamente con i cittadini.

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Un pensiero su “Quattro Risoluzioni Parlamentari per (non) risolvere il problema della legge 242/2016”

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