Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del collettivo MMM Italia (Million Marijuana March), relativo a nuove importanti e pericolose novità riguardanti il DDL Canapa Industriale.
Dal sito ufficiale MMM Italia:
Prosegue l’iter del disegno di legge S.2144 (Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa) ed ora che il testo è giunto al Senato, LE “SORPRESE” CONTINUANO…
Coloro che ricevono e leggono i nostri aggiornamenti forse ricorderanno come la scorsa estate abbiamo seguito con molta attenzione – attraverso gli approfondimenti nella sezione news del sito web dell’azienda agricola Biocannabis – l’evoluzione alla Camera di quel DDL (testo unificato C.1373 Lupo, C.1797 Zaccagnini, C.1859 Oliverio e C.2987 Bianchi) che poteva indurre a ben sperare, se veramente fosse andato nella direzione indicata nel titolo: “disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa in Italia”.
Invece, nell’ultimissima fase che ha preceduto l’approvazione del suddetto disegno di legge alla Camera – e mentre “qualcuno” già festeggiava, credendo di aver raggiunto lo scopo (vedi: http://bit.ly/Filippo-Gallinella e/o http://bit.ly/Alessandra-Terrosi e/ohttp://bit.ly/Adriano-Zaccagnini) – l’attento lavoro d’analisi del contenuto operato da Biocannabis e da noi rilanciato per contribuire ad assicurargli quella visibilità necessaria ad attirare l’attenzione, ha permesso di sventare (in extremis) due enormi pericoli in esso contenuti, abilmente celati tra i vari articoli del DDL ed ovviamente mai dichiarati.
Da una parte, la manovra irresponsabile di provare a legittimare la combustione di canapa impiegata per la fitodepurazione di siti contaminati da metalli pesanti ed altri pericolosi agenti inquinanti in impianti a biomassa per la produzione di energia elettrica, nonostante questa sia una pratica estremamente nociva per la salute pubblica e pertanto vietata dalle attuali normative vigenti, nazionali e comunitarie, (vedi: http://bit.ly/centrali-a-biomasse-no-grazie).
Dall’altra, il tentativo altrettanto scellerato di riportare nuovamente la canapa nella Tabella 1 – droghe pesanti – del DPR 309/90, con l’inevitabile conseguenza di un ennesimo inasprimento delle sanzioni penali ed amministrative per la coltivazione illecita della cannabis e la detenzione dei prodotti da essa ottenuti, ben superiori a quelle previste oggi, come ai tempi della infausta legge Fini-Giovanardi. Tutto ciò, dopo anni di lotte per ottenerne la cancellazione e nonostante la propaganda partitocratica legata alla proposta legge dell’intergruppo, avviata quasi contemporaneamente e più o meno dagli stessi personaggi, sul fronte della sbandierata “legalizzazione”, ma in realtà finalizzata al monopolio (vedi: http://bit.ly/allarme-cannabis-tabella-1).
Guarda caso, il testo era stato inizialmente approvato in Commissione Agricoltura il 28 luglio 2015, cioè il tipico periodo in cui, storicamente, fin dalla Prima Repubblica, contando sulla distrazione estiva, sono state fatte passare le peggiori zozzerie ed anche in questo caso le premesse c’erano tutte. Non solo per lo scarso interesse generale che può suscitare una legge sull’agricoltura, dove nessuno si aspetterebbe mai di trovare altro, ma anche per come quel DDL era stato fin a quel momento acclamato, con diversi articoli di “approfondimento”, dalle “riviste di settore”.
Qualora chi ci segue non ricordi, siamo certi che almeno i diretti interessati alla Camera non l’abbiano dimenticato, come è il caso di Adriano Zaccagnini, uno degli estensori del DDL e membro dell’intergruppo “Cannabis Legale” che, dopo aver ostentato la massima attenzione all’argomento sulle riviste di settore (vedi: http://bit.ly/canapaindustriale-10-07-2015), provò a giustificare l’accaduto minimizzandolo come un semplice “errore di distrazione” (vedi: http://bit.ly/Zaccagnini-videomessaggio).
Così come non sono da meno le dichiarazioni di Vittorio Ferraresi, altro componente di spicco dell’intergruppo, che tentò di spacciare per vero un proprio inesistente e salvifico ruolo, tentando di trarre dalla vicenda una personale autopromozione, illudendosi di poterci far credere di avere già risolto la questione con un suo intervento in Commissione Giustizia, anche se nella realtà, come risulta agli atti della Camera, ancora non aveva fatto nulla, ottenendo solo di essere sbugiardato come meritava (vedi http://bit.ly/Ferraresi-videomessaggio).
Nostro malgrado, oggi ritorniamo sull’argomento – e la premessa, per quanto lunga ed impietosa, era necessaria per meglio comprendere a cosa ed a chi ci troviamo di fronte – perché tale vicenda, partita (molto) male, sembra destinata a peggiorare ora che la discussione è arrivata in Senato, dove si è concretizzato il rischio annunciato che la proposta di legge sulla canapa in campo agronomico venga utilizzata per rendere illegale la compravendita di semi non certificati (anche detti “da collezione”).
Non ne siamo stupiti, poiché le prime avvisaglie di questa ennesima beffa proibizionista si erano già palesate lo scorso 16 marzo, quando il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF) ha depositato una memoria contenente la raccomandazione di introdurre un nuovo illecito amministrativo per vietare la messa in commercio di semi non certificati (vedi pag. 6: http://bit.ly/MIPAAF-16-03-2016).
Non a caso, considerando sempre più concreto il rischio di ritrovarci improvvisamente in un regime di Monopolio che blinderà la pianta e sottrarrà alla popolazione la possibilità di riprodurla autonomamente, poco meno di 2 mesi fa, avevamo già pubblicato sul blog del network “Fine del mondo proibizionista” un piccolo manuale sulle forme di “agroresistenza cannabica” oggi possibili e soprattutto necessarie in Italia, ritenendo fondamentale rendersi il più possibile indipendenti dal mercato e da ogni forma di monopolio ed oligopolio, PARTENDO PROPRIO DAI SEMI (vedi: http://bit.ly/INDIPENDENZA-SEMI-CANNABIS).
Dallo scorso 16 marzo ad oggi, infatti, la situazione da questo punto di vista è notevolmente peggiorata e, sulla base delle raccomandazioni del MIPAAF, è stato rapidamente presentato in Senato un emendamento al DDL, che ora dovrà per forza essere respinto oppure accolto.
Si tratta di una modifica proposta dal senatore Marcello GUALDANI (Area Popolare) durante la seduta del 3 maggio 2016 nella9a Commissione Agricoltura e produzione agroalimentare, che vorrebbe aggiungere al disegno di legge un nuovo articolo composto da ben 9 commi, per mettere al bando la compravendita di semi “da collezione” e rendere di fatto impraticabile – per chi non possiede semi di biodiversità o varietà stabili riproducibili all’infinito – l’unica forma di resistenza (legittima e civile, detta anche AUTOPRODUZIONE) al regime di monopolio dei narcotrafficanti, a cui è attualmente affidato il mercato della cannabis in Italia, nell’attesa che venga sostituito da un nuovo monopolio imposto dall’alto, finalmente legale e quindi concedibile agli amici degli amici, per mezzo della proposta legge “Intergruppo Cannabis Legale”.
Di seguito, il testo integrale dell’emendamento, con i vari riferimenti normativi (fonte: Senato.it – Fascicolo Iter DDL S. 2144 – Pagina 36 – Emendamento 7.0.1):
Art. 7-bis
(Disciplina della commercializzazione delle sementi di canapa)
- Sono escluse, dalle norme del comma 8 dell’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1065 del 1973, le confezioni di sementi di canapa poste in circolazione a qualsiasi titolo e destinazione d’uso e che, pertanto, sono sottoposte alle norme previste dalla legge n. 1096 del 1971, in quanto sementi iscritte al registro e quindi certificate.
- Sono vietate la vendita o la cessione, anche attraverso internet e a qualsiasi titolo, nonché l’acquisto, la detenzione, il possesso, la coltivazione e la produzione di sementi di canapa di qualsiasi varietà che non siano regolarmente certificate ai sensi del decreto legislativo 3 novembre 2003, n. 308
- L’acquisto delle sementi certificate è consentito solo per le imprese agricole regolarmente iscritte alla Camera di Commercio e dotate di fascicolo aziendale nell’ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), quando destinate esclusivamente alla produzione di fibre e/o di olio da utilizzare per usi industriali e/o agronomici e/o alimentare, compresa la coltivazione effettuata per scopi di riproduzione/moltiplicazione del seme delle varietà certificate.
- La violazione del divieto di cui al comma 2 comporta l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 33 della legge 25 novembre 1971, n. 1096.
- Le imprese agricole che coltivano sementi di canapa certificate devono conservare il cartellino di certificazione sementiera per la durata della vita della pianta e comunque per un periodo non inferiore a dodici mesi dalla data di semina.
- All’impresa agricola che non sia trovata in possesso di tali certificazioni è applicata la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 33 della legge 25 novembre 1971, n. 1096, salvo che il fatto non costituisca reato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, accertato con un campionamento della coltivazione.
- Le modalità di prelevamento e di analisi dei campioni provenienti da colture in pieno campo, ai fini della determinazione quantitativa del contenuto di THC delle varietà di canapa, dovrà seguire quanto previsto, specificatamente, nell’allegato 4 del decreto ministeriale n. 7588 del 5 aprile 2011.
- I prelevamenti e le analisi di cui al comma 7, quando svolte con finalità ispettive, sono effettuati dal personale del Comando Carabinieri politiche agricole e alimentari, del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali o di enti delegati da AGEA, fatto salvo ogni tipo di controllo effettuati con le stesse modalità di accertamento da parte delle autorità competenti in merito alla pubblica sicurezza e alle attività giudiziarie.
- Dalla applicazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le Amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Come già segnalato in precedenza, sembrano esserci sempre meno dubbi sul fatto che i due disegni di legge attualmente in discussione, questo in ambito agronomico e l’altro dell’intergruppo “Cannabis Legale”, siano complementari per assicurare il controllo sulla pianta e proprio l’emendamento sopra riportato, oltre a scongiurare la possibilità che essa possa essere riprodotta fuori dal monopolio, è anche un pericoloso precedente per i semi di qualsiasi altra pianta.
Ciò conferma anche una delle nostre motivazioni espresse nei tre documenti di adesione e partecipazione alla manifestazione nazionale #StopTTIP dello scorso 7 maggio a Roma (vedi: http://bit.ly/MMM-Roma-7-maggio-2016), in cui affermiamo che sulla canapa si sono sperimentate in passato e si continuano a sperimentare ancora oggi le forme più estreme di privatizzazione, potenzialmente estendibili anche al resto del patrimonio botanico planetario, per affidarne la proprietà alle multinazionali (vedi anche: “Le mani di Big Tobacco sulla marijuana legale l’ultimo colpo grosso dei giganti della sigaretta”).
Dopo l’anomalia della segnalazione da parte dell’azienda agricola Biocannabis, che la scorsa estate ha decodificato e divulgato il contenuto dell’articolo – poi cancellato in extremis – che avrebbe riportato la cannabis in Tabella 1 del DPR 309/90, inserito in un disegno di legge sulla canapa in ambito agronomico, che se fosse passata nella distrazione generale estiva senza le opportune modifiche, avrebbe fatto gioco ai sostenitori del monopolio, per zittire le critiche degli oppositori, con la giustificazione del “male minore”, ora ci troviamo di fronte a quest’altra coincidenza molto sospetta, soprattutto per chi non crede alle “coincidenze” quando ci sono in ballo 8 miliardi di euro annui.
Guarda caso, ancora una volta, nascoste in un DDL che avrebbe dovuto semplificare la coltivazione della canapa, troviamo anche le disposizioni che introducono divieto di messa in commercio di semi non certificati, indispensabile per garantire il monopolio che stanno costruendo.
Ci auguriamo che queste avvisaglie facciano riflettere su quanto possa essere pericoloso un regime di monopolio sulla cannabis anche tutta quella parte commerciale interessata al fenomeno, comprese le riviste di settore che hanno sempre sostenuto sia questo DDL in ambito agronomico, sia l’altra proposta di legge dell’intergruppo “Cannabis Legale”, probabilmente abbagliati dall’idea di un possibile profitto, magari illudendosi di poter divenire i concessionari del futuro monopolio e convertire i propri growshop nei negozi dove poter vendere il prodotto finito alla loro attuale clientela che oggi ancora coltiva ed è a loro che al momento si rivolge per acquistare lampade, attrezzature, concimi e semi pagati a caro prezzo.
Incuriositi, ci chiediamo se questo segnale sia sufficiente ad aprir loro gli occhi: non solo, molto presto, gli vieteranno la vendita dei semi “da collezione” con un DDL che già è al Senato, ma poi, dopo aver beneficiato dell’appoggio dei growshop, che ingenuamente stanno raccogliendo le firme per una proposta di legge popolare che mai andrà in Parlamento e che serve solo a sostenerne un’altra, completamente diversa e finalizzata al monopolio, siamo sicuri che almeno riceveranno i trenta denari?
Qualcuno dei circa 200 growshop davvero si illude di avere lo stesso potere contrattuale di una categoria fortissima, che ha sempre ottenuto tutto in ogni vertenza, anche con interminabili serrate rimaste impresse nelle memoria collettiva? Una categoria che può contare su circa 60 mila punti vendita, che già distribuiscono al dettaglio i prodotti del monopolio e titolari delle regolari licenze previste dalle legge 17 luglio 1942, n. 907.
Per quale ragione, il documento di Assotabaccai lo abbiamo tirato fuori e diffuso in rete soltanto noi e non lo hanno fatto, per esempio, quelle riviste commerciali che si definiscono le più coraggiose d’Italia?
E se fossero le tabaccherie a vendere la cannabis?
Prescindendo da tutte le valutazioni, morali e non, sulla proposta, e, non avendo intenzione di entrare nel merito dei contenuti, occorre riflettere sulla concreta possibilità che la nostra categoria si faccia avanti nel prospettare le tabaccherie come negozi naturalmente deputati alla vendita al dettaglio delle droghe leggere.
Le corrispondenze tra i due prodotti, tabacco e cannabis, e la loro gestione, sono evidenti. Oltre ad essere già forniti di licenza dei Monopoli, i rivenditori di generi di monopolio lavorano per lo Stato tanto da avere l’obbligatorietà di formazione professionale, commercializzano articoli – tabacco e giochi – solo ai maggiorenni, rispettano un divieto di pubblicità, sono storicamente deputati alla vendita di rimedi farmacologici.
Basta infatti andare indietro con la memoria e ricordare il successo della vendita del chinino “nelle privative di stato”: «D’altronde i titolari delle rivendite sono già soggetti ad una vigilanza che può prevenire e reprimere ogni possibile abuso e, verso un equo ma lieve compenso si assumeranno di buon grado la vendita dei preparati del Chinino» scriveva nel 1985 il Ministro delle Finanze Boselli, nel disegno di legge presentato per combattere la malaria.
Il nostro coinvolgimento porterebbe di certo ulteriori risparmi al progetto e magari un’attenzione maggiore nei confronti di una categoria regolamentata e specializzata, al servizio di Stato e cittadini, molte volte dimenticata.
Beh, si, in effetti occorre un gran coraggio, forse troppo, per darsi la zappa sui piedi, oppure bisogna essere talmente accecati dall’ingordigia del profitto da non riuscire a vedere ciò che è evidente a chi non ha interessi economici in conflitto con il concetto del DIRITTO ALL’AUTOPRODUZIONE.
Million Marijuana March (Italia)
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It’s impressive that you are getting thoughts from this post as well as from our discussion made at this time.