Riportiamo le dichiarazioni del PM Andrea Padalino uscite sulle principali testate giornalistiche italiane negli scorsi giorni:
FONTE: La Repubblica, La Stampa, Corriere
«Spaccio di droga? La situazione è fuori controllo».
Parola del pm Andrea Padalino, magistrato che ha all’attivo decine di indagini per traffici di droga più o meno organizzati in città.
È questo il suo esordio nell’incontro «Legge stupefacenti, attualità normativa e prospettive di riforma», organizzato nella maxi aula 1 del Palagiustizia e valido per la formazione professionale degli avvocati. Il pm ha coordinato indagini con appostamenti, intercettazioni telefoniche, persino riprese video, che una decina d’anni fa avevano consentito di arrestare decine di spacciatori che infestavano il Parco del Valentino e San Salvario. Ma è cpn amarezza che constata come «sul contrasto alla diffusione delle cosiddette droghe leggere abbiamo perso la partita» anche per effetto di una normativa che è stata «un fallimento totale». Meglio sarebbe, allora, «rinunciare a considerare illegale la cannabis». Da parte sua, ha cercato di puntare anche sul contrasto finanziario al crimine, con la «confisca allargata». E cita la recente ordinanza di un giudice per i 10 mila euro sequestrati in casa «di un soggetto condannato in via definita per spaccio di droga, senza lavoro e ai domiciliari per scontare la pena. Il giudice ha ordinato la confisca» richiesta dallo stesso Padalino.
«Mi rendo conto – ha affermato – che è un discorso che fa rabbrividire. Ma conosciamo gli effetti sulla salute di sostanze lecite come alcol e tabacco, e non dobbiamo nasconderci dietro un dito. In tutta Europa otto sequestri di droga su dieci sono di cannabis e derivati. Il nostro procuratore nazionale antimafia parla di battaglia persa. Una battaglia che però continua a richiedere un enorme impegno delle forze dell’ordine».
L’incontro era rivolto all’analisi del panorama normativo antidroga alla luce degli ultimi interventi di Consulta e Cassazione: «si è creato un caos giuridico», ha denunciato il moderatore del dibattito, avvocato Domenico Peila, dove fra l’altro mancano regole precise per determinare quale sia la soglia della «lieve entità» del fatto in base alla quantità della droga. «Le sentenze – è stato detto – cambiano da città a città, e da giudice a giudice. Non è accettabile»`.
«Oggi, di fatto, il carcere non è più previsto per il piccolo spaccio. O lo si considera un reato, oppure si facciano delle scelte coerenti e cioè si dica che il carcere non è la risposta giusta. Ma allora la normativa deve essere diversa». Si parlava di legalizzazione ieri alla Festa dell’Unità in piazza d’Armi. C’è chi è rimasto sorpreso a sentire il sostituto procuratore di Torino Andrea Padalino, che prima di occuparsi di molti processi No Tav è stato uno dei magistrati che coordinarono le operazioni in quel supermercato all’aperto della droga passato alle cronache come «Tossic Park». Padalino ha snocciolato cifre, parlando di una «situazione fallimentare, con un misto di ipocrisie da parte del legislatore». Per concludere così: «Lasciare alla coscienza delle persone la libertà di fare scelte di vita, penso sia compito di uno Stato, l’atteggiamento repressivo non ha portato un risultato né pratico né culturale».
I dati degli ultimi 3 anni dicono di un calo complessivo delle persone arrestate e, in particolare, degli arresti per droga. A determinarlo, una serie di riforme e meccanismi complessi che, tra provvedimenti svuotacarceri e spostamento dei minimi di pena, hanno di fatto depenalizzato il piccolo spaccio. Quindi, i numeri non restituiscono la realtà: non ci sono meno arresti perché si spaccia meno ma «perché forse le forze dell’ordine non hanno più incentivo ad arrestare i pusher». Perché il giorno dopo l’arrestato torna in libertà, o perché, quando anche si dispongano misure cautelari attenuate, come gli arresti domiciliari, queste restano spesso inapplicabili perché la maggioranza delle persone fermate sono stranieri senza fissa dimora. Che così vengono restituite al circuito criminale, una situazione di cui Padalino sottolinea «cinismo nel lasciare per strada persone che delinquono e rispetto alle quali non si riesce a fare nulla». Un discorso complesso, in cui secondo il pm, «il problema è capire se la nostra società ha ancora bisogno di questa risposta, che rischia di essere ipocrita se si depotenziano le norme». Anche perché il sistema è schizofrenico: «Il piccolo spaccio è di fatto depenalizzato, ma oltre la modica quantità le pene vanno dagli 8 ai 22 anni. Non vado in carcere con una pallina di droga, ma con dieci grammi ne rischio 8».
Al dibattito partecipava anche Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Affari Esteri, che sta portando avanti in parlamento la proposta di legalizzazione della cannabis e che sta cercando di aggregare una maggioranza trasversale. «Sembra quasi una messa cantata», ha detto ieri ascoltando le riflessioni di Padalino e la posizione favorevole del vicepresidente del consiglio regionale Nino Boeti e del garante per i detenuti Bruno Mellano. Ma Padalino ha anche invitato a una riflessione più completa. Se l’obiettivo è togliere linfa alle mafie, bisogna affrontare la questione minorenni: «Non deve esserci un mercato alternativo che si rivolga a loro. E sappiamo benissimo che i più grandi consumatori sono gli adolescenti». Quindi, uno spunto che sa di provocazione: «Dare una veste giuridica alla cannabis toglie risorse alle mafie, ma questo allora vale anche per cocaina ed eroina, dalle quali proviene la maggior parte dei proventi».
514 Visualizzazione Totali, 1 Visualizzazioni di Oggi
No responses yet