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Articolo di Elisa Battistella – Attivista FreeWeed

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L’arte della discrezione è nota nella cultura della cannabis e questa riservatezza si rispecchia nel modo di parlare dei consumatori.

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Nello studio Marijuana Argot as SubcultureThreads 1vengono identificate le parole comunemente utilizzate tra i consumatori di New York. I termini dello slang sono creati e diffusi dai partecipanti della sub-cultura.

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La natura multiculturale della lunga e variegata storia della marijuana, ha prodotto una ricca terminologia che ha radici in diversi luoghi e ambienti.

A proposito di prestiti linguistici che vengono adottati da una lingua, lo studio di Kaplan et al.2 fornisce una breve storia di come le parole messicane associate alla marijuana si siano anglicizzate negli anni 1920-1930 e come questi termini si siano diffusi ampiamente nella cultura americana e nello slang negli anni 1950-1970. Parole come: cannabis, cannabinoidi, tetrahidracannabinolo (THC) sono comunemente trovabile nei libri di testo ed articoli scientifici.

Lo slang originario della marijuana che include parole come: weed, pot, grass, reefer e Mary Jane, è diventato slang conosciuto a livello internazionale.

La parola marijuana è utilizzata da scienziati, autorità governative, cultura popolare, dai fumatori e dai distributori; è un termine che tutti comprendono e che nessuno può fraintendere con il significato di qualcos’altro.

I ricercatori illustrano che fin dall’inizio, durante le interviste ai consumatori di marijuana, termini come cannabis, cannabinoidi, THC e potenza, non sono praticamente mai usati nelle conversazioni tra consumatori e venditori di marijuana. La ragione viene attribuita alla scientificità del termine e alla sua non modernità. Inoltre, parole di questo tipo sono diventate ormai note alla società e non svolgono più il ruolo di segretezza. Allo stesso modo, parole come pot, grass, reefer e herb, sono riconosciute come slang datati, che vengono spesso utilizzati dai non fumatori o da ex consumatori.

Per quanto riguarda l’hashish, resina concentrata della cannabis, anche se molti consumatori americani la utilizzano e sono a conoscenza del suo significato, questa forma di cannabis è raramente disponibile per i consumatori negli Stati Uniti e in America ma è più frequente tra i consumatori europei e mediorientali. In questi luoghi quindi è più probabile che emergano varie terminologie per descriverne le diverse forme. Bhang, ganja e charas sono parole utilizzate nel subcontinente indiano per indicare la preparazione della cannabis.

Attualmente a New York, parole generiche per identificare la marijuana possono essere: boom, trees, buds, broccoli, charms, crops, donja, food, gear, ism, kale, medicine, smoke, spinach, weed, yerba e madness; terminologia utilizzata per riferirsi alla marijuana generica quindi non appartenente a specifiche varietà. Ad esempio, l’associazione della parola trees (alberi) alla marijuana, non è data da una motivazione descrittiva; se una persona si esprime dicendo “I was in the park all day climbing trees”, un componente dell’out-group non capirà che il parlante si sta rivolgendo alla marijuana ma supporrà che l’individuo si sia semplicemente arrampicato sugli alberi nel parco ma i partecipanti conoscitori della sub-cultura, riconosceranno che il parlante si sta riferendo alla marijuana.

All’inizio degli anni novanta è emerso un nuovo modello di consumo, denominato blunts, il quale indica una metodologia di confezionamento della marijuana diversa dalla classica cartina di sigaretta. Questo linguaggio sembra essere stato introdotto dal marchio di sigarette low-cost Phillies Blunt.

Parole come baked, crunked, bent, blazed, lifted e drigh sono usate per descrivere particolari impulsi associati all’atto di fumare marijuana. Ad ogni modo, alcune di queste parole sono interscambiabili quando il parlante vuole descrivere sia lo stato di alterazione provocato dalla marijuana, sia lo stato di ebrezza causato da alcolici. Un esempio di questa interscambiabilità è la parola bent. Se un individuo si esprime dicendo “I got so bent at that party”, l’ascoltatore non saprà riconoscere dalla frase se il parlante si riferisce all’espressione riguardante la marijuana o se riferito allo stato d’ebrezza.

Il termine slang crunked è stato introdotto nella cultura mainstream attraverso il rapper Lil’ Jon nel suo album Kings of Crunk del 2002. Il cantante utilizza questa parola per descrivere simultaneamente lo stato d’ebrezza e lo stato di alterazione da marijuana, i giovani hanno iniziato ad utilizzare questo termine per esprimere proprio questa condizione.

La trasformazione graduale di due parole, come crunked e drigh, unite insieme per esprime la sensazione che un individuo ha quando assume alcolici ed è contemporaneamente sotto l’effetto della marijuana, indicano un collegamento tra la marijuana e gli alcolici. La diffusione di questa terminologia e di questa sensazione, ha contribuito alla creazione da parte dell’industria del tabacco, blunt confezionati al sapore di Courvoisier, una marca di cognac, e daiquiri (tipologia di cocktail) alla fragola. Essere blunted trasmette l’essere alterati dal fumo di blunt. Unblunted esprime esattamente l’opposto ed è spesso utilizzato in maniera negativa da una persona che vuole essere sotto l’effetto dei blunt ma non lo è, di conseguenza potrà esprimersi con la seguente frase: “I am so unblunted, I’m beastin’ for a blunt”.

La terminologia specifica della marijuana, come ad esempio la famosa “fame chimica” viene manifestata attraverso l’espressione having the munchies.

La parola blazing racchiude in sé tre significati diversi: fumare marijuana, fumare blunt ed essere coinvolti in attività sessuali.

Un individuo si esprimerà con la parola straight nel momento in cui ad esso viene offerto di bere alcolici o fumare marijuana; “Thanks, but I’m straight” potrebbe essere la frase con cui il medesimo individuo si pronuncia per esprimere il rifiuto. Inoltre, “I’m straight” viene usato per enunciare di non essere più desiderosi di assumere alcolici o marijuana.

Nello studio viene enfatizzato che il gergo è dotato di cinque importanti funzioni:

  • Segretezza
  • Espressività
  • Identità
  • Comunicazione
  • Integrazione

Per quanto concerne la segretezza, “il gergo non è praticato spesso in presenza di estranei” si esprimono Kaplan et al. (1990), continuando che quando un individuo è immerso in un contesto contenente partecipanti dell’out-group “ il silenzio è la conseguenza globale del parlante originario dello slang”.

L’espressività è intesa nel senso che i partecipanti della sub-cultura attraverso i termini gergali esprimono i sentimenti e le emozioni legate al consumo di marijuana. Questo fattore include “molti altri aspetti dei linguaggi specializzati nel gruppo, come l’intonazione e i movimenti facciali che accompagnano il discorso e ne amplificano il significato. Questi gesti sono correlati al linguaggio in modalità non ancora pienamente comprese” (Maurer 1981: 259,264).

L’identità è data dal fatto che l’utilizzo dei termini gergali è un dispositivo simbolico per indicare inizialmente chi tende a partecipare alla sub-cultura e quali persone siano relativamente più coinvolte.

Oltre agli aspetti materiali della subcultura (come la marijuana, i sigari, i prodotti da fumo), parlare in gergo, fornisce un meccanismo per integrare molti aspetti della subcultura. “Alcuni termini rimangono sorprendentemente stabili, con una sezione del vocabolario che diventa quasi tradizionale . [L’argot] è una delle chiavi più affidabili del modello [sub]culturale. È essenziale per comprendere i motivi, le tecniche e gli atteggiamenti dei [partecipanti alla subcultura]” (Maurer 1981: 264)

A scapito di quanto espresso in precedenza da David Maurer3 e da altri studiosi, i quali sostengono che la funzione principale del gergo è mantenere la segretezza, in modo da nascondere le comunicazioni della sub-cultura all’esterno, l’articolo Marijuana Argot as Subculture Threads illustra che il fattore segretezza è meno importante per i partecipanti rispetto alle funzioni di espressività, comunicazione ed integrazione all’interno del gruppo.

Gli individui di specifici gruppi inerenti la marijuana tendono a dare peso a ciò che pensano.

Attraverso il linguaggio, un individuo interagisce con la società e si crea uno spazio nel mondo grazie ai vari ruoli che andrà ad occupare. Partendo da questo presupposto ed integrando quanto appreso dai parlanti del gergo della marijuana, è possibile evidenziare che un gruppo si forma attraverso l’interazione comunicativa. Proprio perché gli individui riescono a capirsi tra di loro, e la maggior parte delle volte, solo tra di loro, li rende nascosti alla comunità. È importante sottolineare tuttavia, che gli individui in esame vivono in una realtà in cui la cannabis non è legale a scopo ricreativo e di conseguenza, necessitano di nomi criptati per l’identificazione della stessa.

Si presume che i partecipanti ad una realtà della cannabis a scopo medico, non adottino la stessa tipologia di linguaggio “underground”, in quanto non necessaria.

E voi? Quale slang utilizzate?

 

Note

1 Bruce D. Johnson, Flutura Bardhi, Stephen J. Sifaneck, Eloise Dunlap; “Marijuana Argot As Subculture Threads: Social Constructions by Users in New York City”, The British Journal of Criminology 2006; 46 (1): 46-77

2 Kaplan, Charles D., Kämpe H. and Flores F., José A. (1990), Argots as a Code-Switching Process: A Case Study of Sociolinguistic Aspects of Drug Subcultures, in R. Jacobson, ed., Codeswitching as a Worldwide Phenomenon, , Peter Lang, New York, pp. 141–157

3 Maurer D. W. (1981), Language of the Underworld, KY: University of Kentucky Press, Louisville

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Di Elisa Battistella

Attivista FreeWeed, Laureata in Relazioni Pubbliche presso l'Università degli Studi di Udine Mail: elisa.battistella@alice.it

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