Di seguito il resoconto dell’intervista telefonica nel corso della quale il Colonnello Medica ha raccontato a Soft Secrets come sono passati i mesi di produzione, quali difficoltà i militari hanno affrontato e quali sono i progetti per il prossimo futuro.
Sul piatto dell’intervista l’argomento era più che scontato, la produzione di cannabis per i pazienti italiani, la prima esperienza pilota di coltivazione in seno alle istituzioni statali. Un vero passo avanti per quel che riguarda la grande assente del panorama medico nostrano: la continuità terapeutica per chi si cura con la cannabis.
Per noi dello Stabilimento è stato un ritorno al passato. Infatti, già quando si trovava ancora a Torino, fra il 1850 e il 1890 siamo stati coinvolti nella produzione del chinino di stato [NDR. Il chinino veniva prodotto per le sue qualità antipiretiche, antimalariche ed analgesiche] quindi tornare a coltivare una sostanza vegetale per fini terapeutici è una grande soddisfazione. Fare un servizio per il paese ci rende felici anche perché c’è sempre stato un legame stretto fra lo Stabilimento e un servizio pubblico esteso a tutta la popolazione.
Il dottor Giampaolo Grassi dell’CRA di Rovigo ci ha detto alla Fiera Indica Sativa di Bologna, lo scorso giugno, di avervi consegnato 80 talee. Quante sono arrivate a fioritura e di che varietà si tratta?
Della prima mandata di talee quelle portate sino in fondo sono state 50. Al secondo giro sono arrivate altre 50 talee che al momento stiamo raccogliendo, sempre in via sperimentale, al fine di raccogliere i dati necessari per completare l’iter autorizzativo dell’AIFA [NDR. Agenzia Italiana Farmaco] e dell’Ufficio Centrale Stupefacenti. La varietà coltivata è l’analoga del Bediol olandese [NDR. importato attualmente dalla ditta Bedrocan] con una ratio circa 1:1 fra THC e CBD ( in particolare il THC è al 6,5% e il CBD all’8%).
Sono state coltivate in terra o in idroponica? Perché questa scelta?
Le piante sono state prodotte in idroponica perché a differenza della produzione outdoor in questo modo possiamo permetterci di controllare tutte le variabili che intervengono e quindi garantire la standardizzazione del prodotto finale vendibile come farmaceutico.
Abbiamo impiegato in tutto il percorso, cioè da quando abbiamo messo a dimora le talee, sino al raggiungimento del massimo tempo balsamico, cioè allo sviluppo apicale del principio attivo, fra i 3 mesi e i 3 mesi e mezzo (circa 110 giorni).
Quanta vegetativa hanno fatto? Quanto flushing avete fatto prima di raccogliere?
Non le saprei dire, queste sono informazioni in pos-sesso di chi ha seguito concretamente la produzione.
Con che linea di fertilizzanti e con che schema di fertilizzazione sono state nutrite le piante?
Queste sono informazioni confidenziali coperte dal segreto industriale.
Avete avuto problemi di over fertilizzazione, di muffe o di umidità troppo alta?
Nessun problema grazie alla collaborazione con il Dott. Grassi abbiamo visto che la pianta, essendo robusta, non presenta grossi problemi di coltivazione.
Quanta materia finita avete prodotto per pianta?
Siamo sopra i 50 grammi a pianta.
Potete descriverci la camera di coltura? Di che dimensioni era? Che lampade avete usato? Che estrattori?
La serra è in tutto simile a quella di Rovigo del Dott. Grassi, è di circa 100 metri quadrati ed abbiamo utilizzato lampade gialle anche se al momento non ricordo di che wattaggio.
Sono stati eseguiti degli esami per verificare la qualità? A livello di controlli, quali avete eseguito per garantire ai pazienti l’omogeneità nell’equilibrio di principi attivi?
Sono state eseguite analisi chimiche e microbiologiche per confermare il contenuto di principio attivo e il loro vicendevole rapporto e per verificare che non fossero presenti microrganismi nocivi. I riscontri sono stati positivi sotto entrambi i profili.
Come e per quanto tempo eseguite la seccatura? Quanto materiale vi resta dopo questa importante operazione?
La seccatura dipende dai residui di umidità, le piante del primo ciclo sono state tagliate la prima settimana di giugno e al momento stanno seccando. Diciamo che fra primo e secondo ciclo, sottraendo il materiale che è stato sottoposto alle analisi, ci rimangono circa 3 chilogrammi di prodotto.
Abbiamo letto in altre interviste da lei rilasciate che il prodotto finito sarà distribuito sbriciolato. Siccome non ci risulta che la Bedrocan olandese distribuisca le infiorescenze con queste modalità vorremmo sapere perché avete preso questa decisione.
È stato il Ministero della Salute a chiedere di macinarlo anche perché il Bediol, importato
dall’Olanda, è un’infiorescenza macinata e quindi anche noi l’abbiamo lavorata in questo senso, anche per evitare un passaggio che sennò dovrebbero eseguire i farmacisti.
Di quante persone si compone l’equipe dei responsabili della coltivazione? Con che competenze curricolari?
Questo procedimento lungo e complesso dal lato chimico-farmaceutico, a quello più strettamente di coltivazione e successivamente di trasformazione, coinvolge tutto lo Stabilimento: 30 militari e 50 civili.
Come sarà distribuito il prodotto essiccato?
I nostri clienti finali saranno le farmacie e non i pazienti.
Quanto avete speso per ottenere il primo raccolto?
Siamo nell’ordine di qualche migliaia di euro, diciamo fra i 20 e i 30 mila euro.
È stato inviato il dossier al Ministero della Salute? L’AIFA ha già effettuato il sopralluogo?
Alla prima domanda la risposta è si. Per quel che riguarda l’AIFA, ha effettuato la sua ispezione nel mese di luglio. Adesso ci è arrivata l’autorizzazione alla produzione farmaceutica. Possiamo dire che abbiamo rispettato la tempistica che ci eravamo preposti: utilizzare il 2015 per la sperimentazione e diventare operativi concretamente a partire dal 2016.
Credete di poter utilizzare l’autorizzazione ricevuta dall’AIFA anche retroattivamente? In modo e maniera da permettervi di non distruggere quanto prodotto a fine sperimentale?
Considerando la scarsità di materiale terapeutico presente nel nostro paese pensiamo assolutamente di procedere in questo senso e quindi di poter distribuire i 3 chilogrammi rimasti.
È possibile visionare il dossier di produzione inviato all’AIFA?
Assolutamente no perché coperto da segreto industriale.
Come pensate di procedere per i prossimi raccolti?
L’anno prossimo preventiviamo di entrare in produzione sperimentale anche con un prodotto analogo al Bedrocan. Al momento siamo alla fase finale dell’iter burocratico autorizzativo e prudentemente prevediamo che per quel che riguarda il Bediol entro fine 2015, o massimo entro l’inizio del 2016, i primi quantitativi di prodotto saranno disponibili per i pazienti. Entro la fine del 2016, disponendo già dell’autorizzazione, prevediamo di poter distribuire anche il nostro Bedrocan. Il dossier di produzione del Bediol è stato già depositato all’AIFA.
Lei ha dichiarato a Repubblica lo scorso giugno di voler arrivare a produrre 100 Kg nel 2016. A che bacino di utenza pensate di dover far fronte?
Dai dati fornitici dobbiamo garantire il principio attivo per circa 3000 pazienti con un consumo medio pro capite di 30 grammi annuali. Attualmente ogni anno l’Ufficio centrale stupefacenti importa 70 chilogrammi di cannabis per fini medici quindi tali dati sono stati recuperati incrociando i quantitativi importati dall’Olanda con il numero di prescrizioni.
Le parole e la voce del Colonnello Medica dimostrano quanto i militari abbiano preso seriamente il compito del quale sono stati incaricati. Ricordiamoci però che i soldati restano comunque dei tecnici che eseguono disposizioni legislative e che è quindi nell’arena del dibattito politico che nuove e più contingenti indicazioni potranno favorire il reale accesso da parte di tutti a questa medicina. Se il problema principale rimane la pressoché totale mancanza di interesse della classe medica la conseguente mancanza di prescrizioni e la mancanza di coordinamento fra ASL, la proposta di legge del gruppo interparlamentare di Della Vedova prevede al meno la possibilità di coltivare 5 piante per ciascun cittadino che ne faccia richiesta.
L’importante è quindi aver ben presente che il tempo di reazione dei medici è ben differente dal tempo di sopportazione dei pazienti, quindi l’iniziativa di Della Vedova va sicuramente nella direzione più pragmatica, ovviamente sperando che gli equilibri del Parlamento permettano nel breve termine una sua sana disanima.
Vedremo al momento della distribuzione del farmaco finalmente made in Italy che tipo di risposta daranno i pazienti ai prodotti dello Stabilimento. Nel frattempo, di seguito, per inquadrare l’attuale bacino di utenza di questo farmaco, cioè tutti i pazienti che hanno ottenuto l’autorizzazione all’importazione in seguito alla prescrizione medica, i dati ricevuti dall’Ufficio Centrale Stupefacenti che descrivono l’evoluzione negli ultimi anni di questo rimedio alternativo alla cura di tante patologie.
Sia chiaro ai nostri lettori: questo è il quadro ufficiale, quello reale è molto più ampio e per averne un’idea bisognerebbe effettuare una ricerca nelle Procure della Repubblica per tutti i pazienti pizzicati a produrre una medicina il quale utilizzo lo Stato, sino a poco tempo fa, non aveva nessuna intenzione di agevolare.
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Fabrizio Dentini – Soft Secrets
FONTE: SOFT SECRETS
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