La Lettera del Dr. Fagherazzi alla Professoressa Parolaro

Gent.ma Prof.ssa Parolaro,

la sua ultima obiezione era rivolta al discorso di Stefano Armanasco, quelle considerazioni, erano parte del mio contributo all’associazione e quindi non posso esimermi dal dare la mia opinione professionale su quello che lei ha giustamente sostenuto.

Prima di tutto è vero, ha ragione, Stefano, leggendo, ha sbagliato l’accento e si è un po’ mangiato la parola Anandamide, ma, non essendo un “esperto” del campo medico-fisiologico si poteva passargli l’errore, ho sentito esperti alle audizioni fare errori molto più grossolani senza che nessuno apportasse la benchè minima correzione.

Ho trovato la sua obiezione corretta fino ad un certo punto ed è per questo che per risponderle mi sono documentato su quale fosse la sua linea di ricerca e devo dire che quando ho letto il suo curriculum vitae mi sono stupito. Se avessi letto quello stesso curriculum prima di averla sentita parlare avrei considerato lei come un modello da seguire, è stata presidente dell’ICRS ed è coautrice di diverse pubblicazioni scientifiche che dimostrano l’estrema utilità dei cannabinoidi, alcune di queste pubblicazioni lei le condivide con ricercatori che stimo, altre le condivide con alcuni che stimo molto meno, sic est.

Alcune delle sue ricerche, e mi riferisco a quelle sulle psicosi, presentano risultati a mio avviso estremamente discutibili. Mi sono trovato a chiedermi onestamente, quindi, come potesse avere entrambi questi aspetti nella sua esperienza e la risposta mi è stata subito chiara e semplice, lei non ha alcuna conoscenza empirica della sostanza.

Per quanto riguarda prettamente la sua obiezione, è assolutamente vero che l’Anandamide viene prodotta on demand, ma è altrettanto vero che lei presuppone, con la sua affermazione, una fine regolazione del sistema endocannabinoide. Questo è mio avviso altrettanto vero, con un piccolo bias che però altera completamente il ragionamento, l’affermazione corretta è “è un fine modulatore dell’organismo umano in condizioni normali” questa affermazione presuppone una definizione di “normalità” e attualmente si considera come tale un campione rappresentativo di unità statistiche per una determinata condizione.

Quello che non viene preso in considerazione è proprio l’effetto psicoattivo della sostanza che, per comprendere, bisogna esperire. C’è un’estrema differenza tra leggere una descrizione, per quanto accurata essa sia, di un quadro di Picasso, o vederne esposto l’originale. La stessa differenza è quella che divide chi studia esclusivamente questa sostanza sui libri da chi ne ha fatto anche esperienza sulla vita reale.

Il sistema endocannabinoide è un “protettore” dell’essere umano nella sua totalità, ivi compreso l’aspetto mentale. Le vorrei chiedere, sinceramente, senza nessun pregiudizio ma semplicemente per conoscere la sua risposta, perché non riesce ad accettare il punto di vista che l’essere umano abbia un comportamento animale e, come ogni animale, ricerchi nella natura quello di cui ha bisogno? Il dilagante problema della depressione nel genere umano ha portato le benzodiazepine sull’olimpo dei farmaci più venduti, è una chiara manifestazione dell’insalubrità dell’ambiente in cui viviamo, sia esso sociale, economico o fisico, che non si ripercuote in una condizione clinica etichettabile ma in quello che si rivela essere un “male di vivere”.

L’azione psicoattiva più rilevante della cannabis, se utilizzata in maniera ricreazionalmente medica, è l’introspezione. Questa caratteristica pone se stessi costantemente davanti ad un ipotetico giudice e ci costringe a far fronte alla nostra “coscienza”.

Quella stessa “coscienza” viene costantemente spenta dalla disinformazione, dalla televisione, dall’induzione costante della paura che viene effettuata sul genere umano ma questo viene considerato “normale” perché “fan tutti così”.

Gli studi scientifici sono fatti da uomini e, come tali, proni alle inclinazioni personali, la statistica risulta solo un successivo strumento attraverso cui confermare o smentire il nostro pensiero. Ma se ogni volta partiamo dal presupposto che la Cannabis sia una droga, come possiamo impostare un studio affinché indaghi onestamente se lo sia o meno?

Per concludere, è vero che l’anandamide è prodotta su richiesta, ma è anche vero che gli enzimi (FAAH principalmente) che degradano i cannabinoidi (sia endogeni che esogeni) anche essi sono prodotti su richiesta ed in maniera molto rapida, una stimolazione continua del sistema endocannabinoide non farebbe altro che innalzare il suo tono basale (che io personalmente suppongo essere ampiamente depresso in molte condizioni) per riportare il paziente in una condizione di “maggiore armonia” con se stesso e con l’ambiente circostante.

Perché questo dovrebbe essere considerato al di fuori del concetto di salute? Perché chi fuma erba è un tossico e non c’è modo di convincervi del contrario.

Mi proponga di organizzare uno studio serio, dove sia possibile utilizzare Cannabis liberamente senza costrizioni di semi certificati o di piante standardizzate, semplicemente rispettando, una volta tanto, quella Natura che siamo abituati a stuprare; mi dia la possibilità di realizzare il mio sogno in Italia ed io e Dike prenderemo il primo volo utile di ritorno. Siccome dubito che questo accadrà, me ne rimango all’estero, lontano dal mio paese, a tentare di dimostrare ai “professionisti” come lei proprio quello che voi non volete accettare.

Namascar

 

Dr. Simone Fagherazzi

 

FONTE: DIKESALUTE.COM

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