Riportiamo dal sito del Dr. Fagherazzi la lettera inviata dal dottore ai suoi colleghi in Italia:
Lettera aperta al gruppo padovano informale Grotta Azzurra
Allego qui di seguito una mia mail scritta ad un gruppo di professionisti della salute che da anni si impegna in materia di Cannabis in Veneto e che bonariamente si è autochiamato Grotta Azzurra, ammetto di avere scritto quella mail di getto, sull’onda dell’emozione e forse un po’ stanco dal lavoro di estrapolazione dei dati e loro elaborazione che mi aveva occupato per due giorni interi con poco riposo tra l’uno e l’altro. Chiedo sinceramente scusa per i toni supponenti ed arroganti (queste le parole di mia sorella dopo aver letto la mail). A questa mail, però, è seguito un coro di voci levate in difesa del Dr. Grassi da parte di tutti i componenti di questo gruppo informale. Siccome non vorrei che lati del mio carattere che a volte fatico a tenere a basa inficiassero quello che è il cuore del mio messaggio ho scritto una lunga lettera al Dr. Roberto Saia, (che trovate subito dopo la mia mail) unico tra tutti ad avermi risposto con una mail profonda, e che denotava una reale preoccupazione per la mia educazione, la sua risposta mi ha fatto riflettere ed alla fine ho voluto cercare di esprimere la mia opinione costruttiva. Con il massimo rispetto di tutti, ma soprattutto di me stesso e di quella che ho scelto essere la mia personale morale, auguro, a chi lo vorrà, una buona lettura.
Mail di Simone Fagherazzi
(Lunga) Lettera aperta al Dr. Roberto Saia e al gruppo informale Grotta Azzurra
Carissimo Roberto,
dopo aver inviato il mio Report, credendo di star facendo una cosa utile (condividere i dati, nella scienza, è una cortesia riservata solo agli “amici”), ho però ricevuto solo mail di aspra disapprovazione nei miei confronti e solidarietà nei cofronti di Giampaolo. La tua è l’unica che ha espresso le proprie posizioni con una tale profondità di pensiero che dopo averla finita di leggere mi sono sentito (e ti prego di credermi nel senso buono) come dopo una sgridata di mio nonno. L’esperienza che rimprovera la superbia e la tracotanza della giovinezza. Hai colpito nel segno, sono difetti su cui sto cercando di lavorare. I rimproveri di mio nonno miravano sempre ad insegnarmi a a camminare a testa alta e di motivare sempre perché fai una scelta. È per tale motivo che, essendo rimasto veramente dispiaciuto dalle accuse che mi sono state mosse dall’intero gruppo, in completa coesione, ho ritenuto di dovere a tutti quelli che hanno visto e udito le mie critiche a Gianpaolo, che voi giudicate offensive, una spiegazione.
Vorrei iniziare con la tua frase conclusiva e con delle scuse , (che spero non ti offenderai se pubblico letterale, era simpatica) “ti giustifico perchè probabilmente queste tue effusioni sono partorite in un momento di rilassamento profondo, dopo una profonda inspirazione dei nostri beneamati cannabinoidi”. Io sono pienamente consapevole delle tue idee sulla “cannabis ricreazionale” e, quando alla fine di una cena, con un occhiolino, ti ho detto dovresti provarla l’ho fatto perché credo fermamente tu sia una persona saggia a tal punto da comprendere questa pianta. Le scuse arrivano a questo punto, perché, come ti avevo già anticipato, avevo girato un video anche sul tuo intervento alla camera. Per tempistiche non sono riuscito a montarlo e a pubblicarlo (mi prometto di farlo a breve) ma era proprio in questo video che difendevo il tuo intervento e gli argomenti portati a suo sostegno, l’avevo giudicato un po’ politichese ma sono esuberi di gioventù (mi diresti tu). Era però chiaro che io non avessi alcun dubbio sulla tua persona e sulla tua profusione per la causa con tutti i mezzi a tua disposizione. La capacità innata di “prendersi cura di una persona” non è descrivibile né si acquisisce per diritto con la Laurea in Medicina, è una cosa che si percepisce e, spero di non sbagliarmi perchè sulla tu io credo di poterci mettere la mano sul fuoco.
Io sono un medico ma sono allo stesso tempo stato per molto tempo un paziente, ho iniziato molto presto a fare esperienza di questa “condizione” perché fin dalla culla mi dovevo sottoporre regolarmente a controlli audiometrici dettati dalla fondata paura dei miei genitori di un eventuale sordità vista la loro simile condizione. Anche se la mia vita paragonata alla tua si possa dire molto breve, ho purtroppo sperimentato diverse condizioni difficoltose, non è vittimismo, è mera considerazione statistica a detta di chi mi circonda ormai, (che poi io me le vada anche a cercare questo è un altro discorso su cui non ci addentreremo…).
Tali condizioni mi hanno fatto, prima di tutto, rifuggire nella Cannabis come droga comunemente intesa. Per la depressione e l’ansia mi erano state consigliate delle benzodiazepine ma, avendole prese una volta (durante dei dolori atroci alla schiena) e conoscendo la molecola ho preferito lasciare perdere. Confidavo nel mio momento di tranquillità serale. Il buio prima o poi sarebbe passato. L’utilizzo cronico di questa sostanza non ha prodotto nessun effetto negativo sulla mia vita, sono sempre stato un “solitario”, un “diverso”, uno “sfigato” la cannabis mi ha aiutato, pian piano, ad accettare tutto ciò e a comprenderne le profonde ragioni. Nonostante questo mio spaccato di vita personale, che il mio entourage societario conosceva benissimo, ho dovuto sempre nascondermi, sarei passato sicuramente per tossicodipendente (come probabilmente la maggior parte di voi ora mi considera, ormai). Fino a che, un giorno, casualmente, non ho iniziato a studiare quello che è il sistema endocannabinoide e ad addentrarmi in questo mondo con un camice bianco. È molto diverso che addentrarsi per l’oscuro angolo di un vicolo, io ho avuto modo di provare anche questo e mi sono sempre trovato a discutere con simpatici ragazzi, spesso ma non sempre extracomunitari, che mi raccontavano storie tanto diverse ma dal sapore comune, tutte riflettevano una condizione di mancanza totale di libertà o di alternativa. Il camice bianco, si sa, risuona sempre ed avere una voce fuori dal coro in campi così discussi può far fare, inaspettatamente, enormi passi in avanti.
Mi sono quindi trovato catapultato nel collegio dei probi viri senza volerlo, senza essere stato adeguatamente preparato dal “percorso” per diventarlo. A posteriori, posso dire che questa è stata, per me, una grande fortuna perché ho avuto la rara opportunità di dare una sbirciata a quella che chiameremo “macchina burocratica”, conservando una visione da semplice uomo (quello che io attualmente mi sento).
Ciò di cui ho avuto modo di fare esperienza mi ha lasciato a tratti senza parole, ho percepito, anche in quella che io all’inizio consideravo la mia isola felice, lo stesso sentimento che provavo all’interno della mia clinica che per insegnarmi il mestiere di ginecologo mi insultava e mi faceva, per necessità, gestire reparti e ambulatori in praticamente completa solitudine.
Io non mi sentivo pronto per QUEL collegio di Probi Viri semplicemente perché non coincidono con il mio ideale di PROBI. Era però solo la mia personale opinione. Consapevole di essere io quello “sbagliato” ho lasciato tutto e sto cercando di costruire la mia vita come posso. Mi riservo solo di dire la mia opinione in materia.
Ho passato molto tempo nell’Isola di Koss, purtroppo, caro Roberto, e quella che per alcuni era solo una mera punizione temporanea per me è stata condizione di nascita, ho sempre avuto occasione sia fisicamente che spiritualmente di dover raccogliere escrementi di altre persone come me e, raccogliendoli, siccome non avevo lezioni da imparare o da impartire, ho cercato di dare semplicemente il mio contributo. È come se io avessi trovato, nel tedio della quotidianità, un modo per far si che gli escrementi convoglino autonomamente in un posto lontano dai degenti ed ippocrate non mi permettesse di farlo perché altrimenti non saprebbe più che punizione impartire per insegnare l’umiltà.
Facendo così, Ippocrate, avrebbe dimostrato di tenere più a se stesso che ai malati di cui gli era stata affidata la cura. Ed è per questo che io ho scelto di ritornare volontariamente in mezzo agli escrementi, perché voglio ricordarmi da dove sono venuto e che prima di me ci sono state ere geologiche e dopo di me altrettante ne verranno. Non mi piace però l’idea che si debba usare questo brevissimo battito di ciglia di tempo di vita per perseguire un fine egoistico scordandosi, appunto, di quanto piccoli siamo nell’eternità e quanto dovremmo orientare i nostri sforzi verso un fine comune più che un fine personale.
Tu e altri due o 3, a mio personalissimo avviso, perseguite il fine comune, sugli altri componenti del gruppo ho molte riserve, su Giampaolo sono ad ora sicuro che non lo persegua. Quello che mi dispiace è che non venga compreso o non sia voluto vedere, il perché. In 5 mesi in cui io ho semplicemente dato disponibilità ad un sito internet come medico risponditore, ho ricevuto 200 contatti traendone dei dati (che cogliendo e ringraziando per le critiche costruttive di qualcuno mi riserbo di rielaborare nei prossimi giorni in maniera più scientifica, sto studiando un po’ di statistica mi ci vuole un po’ di tempo) quanti contatti può aver fatto una struttura come quella di Giampaolo? Innumerevoli a mio avviso. Possibile non si potesse trovare un modo di dimostrare che chi si faceva le canne per conto suo stava meglio in salute di chi non le faceva? Non si è voluto più che non si è potuto. In accordo con le regole del sistema, perché “non aveva scelta” Giampaolo ha distrutto chili e chili di quella che sapeva essere un’ottima medicina per molte condizioni. Si è piegato al sistema per continuare a perseguire il suo interesse, in 20 anni di ricerche ha selezionato e certificato una miriade di Varietà di Cannabis con potenzialità mediche ed industriali (tutte le piante di cannabis hanno queste proprietà a che serve la certificazione?) di cui Giampaolo tramite il suo centro è direttamente responsabile e/o proprietario (non ho la minima idea di come funzioni). Con questo, non sto mettendo in dubbio la qualità del lavoro di Giampaolo, che rimane eccellente, sto mettendo in dubbio la finalità del suo modo di agire. Non riesco a vedere onore nell’uomo che si arrende all’impossibilità di cambiare le cose autoconvincendosi che l’unico modo di farlo sia nella pia osservazione delle regole vigenti. Non perché il processo non debba essere fatto secondo le regole ma perché, è abbastanza chiaro al popolo, oramai, che le complesse regole attuali vengano spesso utilizzate per pura mercificazione di qualsiasi cosa, purtroppo, anche dell’essere umano.
Portare come argomentazioni contrarie ad un disegno di legge “siccome i bambini vedono il papà con la pianta in casa allora sarebbero indotti a provare e ad invitare i loro amici a provare creando una contaminazione a catena” per poi proporre la “Vendita di Cannabis nelle Tabaccherie a basso e medio e alto titolo” mi sembra molto poco botanicamente professionale oltre che poco rispondente a verità nella prima parte ed estremamente incoerente nella seconda. Se Giampaolo ha avuto personali esperienze di spacciatori molto insistenti, mi dispiace, davvero, però il problema è lo spacciatore non la Cannabis, parafrasando un altro dei relatori intervenuti, il Prof. LoIacono “è come quando il bambino cade a terra picchia la testa ed il colpevole è il pavimento”. Esperienze personali di Giampaolo (che ha citato in aula) a parte, si vede oggettivamente come questa affermazione protegga il concetto di “la cannabis è droga” utile esclusivamente al fatto di doverne mantenere dei controlli adeguati, secondo legge. Ed è qui che iniziano i dubbi. È chiaro a tutti, perché ne ho sentito parlare alle cene, che le persone che riferiscono di utilizzare i propri prodotti o prodotti farmaceutici “galenici magistrali” –tradotto, le normalissime infiorescenze- abbiano risultati nettamente positivi su varie patologie e lo spettro totale di condizioni su cui potrebbe agire questa pianta è enorme. L’unico ostacolo per provare quest’ultima affermazione in maniera scientifica rimane l’accessibilità. È altrettanto conoscenza comune (vedi la relazione di Andrea Triscuoglio alla camera) che una selezione autonoma dello strain dia risultati nettamente migliori che le semplici 4 varietà selezionate dalla Bedrocan. Se si permettesse l’autocoltivazione e l’autoproduzione, però, il paziente assumerebbe un ruolo centrale nel processo di cura diventando bisognoso solo di una adeguata educazione. A Tale concetto seguirebbe un’enorme perdita di valore sul mercato di tutte quelle strutture (sebbene eccellenti) deputate al “controllo di qualità” di questa pianta, non scomparirebbero, ma diventerebbero molto meno centrali nella questione. Per questo io credo che Giampaolo, dal suo lato giustamente, se vogliamo, difenda quello che è la sua creatura ed i suoi sforzi di anni che l’hanno portato con fatica a raggiungere la posizione meritata che ha raggiunto. L’ascesa gerarchica probabilmente, più che l’inalazione di cannabis, inebria la mente dell’uomo (e per tale motivo me ne tengo ben distante) e le fa perdere di vista il punto chiave della questione, si sta contribuendo a prolungare una sofferenza inutile di moltissimi rappresentanti del “genere umano” che noi saremmo designati a proteggere dalla malattia. Cosa sarebbe successo se Giampaolo, dall’alto della sua indiscussa esperienza, avesse detto con termini adeguati che la Cannabis è una pianta innocua da cui tutti dovrebbero trarre beneficio, che gli era maledettamente dispiaciuto dover bruciare chili e chili l’anno, che era disposto a collaborare con chi volesse coltivare al fine di condividere le proprie conoscenze? Non lo sapremo mai, a me è venuta in mente una frase del film Batman pronunciata dal Joker, “se sei bravo a fare una cosa non farla gratis”. È contro questo che è diretta la mia veemenza, e non sono disposto a cederla o a recedere. Se nella direzione della mia veemenza si incrociano colleghi più anziani questa non deve essere volontariamente nascosta, se genuina, perché è compito del maestro dirigere positivamente gli eccessi dell’allievo. Il rispetto non deve limitare la libertà. È il modo con cui vengono effettuati gli eccessi che deve essere discusso nel merito degli stessi.
Il rispetto dovrebbe essere la qualità fondamentale di espressione di un pensiero. Ed io cerco di esprimere sempre opinioni nel merito delle questioni non sulla persona che, a mio avviso, può tenere i comportamenti che vuole. Le azioni si, quelle sono passibili di giudizio in quanto affliggono non solo noi stessi ma anche altri individui ed è di questo che dobbiamo rendere conto. Nelle proposte di Giampaolo si è lapalissianamente concluso un quadro che io penso sia programmato da un bel po’: una coordinazione nazionale dei centri regionali con conseguente inizio delle procedure di produzione controllate. Mercato della Cannabis < o > 0,2% di THC nettamente separati (il CREA ha, di entrambi, molteplici varietà). Nascita di una associazione di ricerca scientifica SIRCA per dirigere le indicazioni terapeutiche e fondata su una casistica che, anche nelle nostre discussioni serali è stata talvolta messa in discussione, strane aziende (di cui ho avuto modo di manifestarmi i miei dubbi) interessate all’argomento. Potenzialità di un mercato da milioni e milioni di euro e i “geniali” militari dello stabilimento farmaceutico militare di Firenze, che lavorano su genetiche date dal CREA, (e dubito del puro altruismo) che essiccavano le infiorescenze a finestre aperte (così disse chi ha visitato il complesso).
Tutto questo management politico-economico è realizzabile ma richiederebbe, in Italia, anni e anni di lavoro (a meno di grosse estreme unzioni). In tutto questo ragionamento i pazienti sono usati come scusa piuttosto che essere difesi come categoria. Ad un occhio attento, infatti, i pazienti, maggiori beneficiari di questa proposta di legge hanno avuto una sola rappresentanza su tutti i relatori. A mio avviso questo è stato un chiaro segno di disinteresse del Governo dei problemi reali della gente per favorire quell’insensata macchina, definita all’inizio di questa lunga lettera, burocratica.
Continuare a non riconoscere questa evidenza, mi dispiace, ma credo stia diventando troppo pesante da sopportare per un discreto numero di persone che vorrebbero solo smettere 1 di soffrire, 2 di essere considerati dei tossici senza alcuna possibilità di appello.
Spregevole, ripugnante e turpe sono aggettivi che rivolgerei ad un “animale-bestia” qualora usi la sua forza per trarre vantaggio dalla difficoltà di un altro animale più debole, questa evenienza, però, in natura difficilmente si verifica senza una valida ragione (territorio, accoppiamento), l’unico ad essere in grado di trarne gusto (per i sadici) o beneficio (per gli abietti) è l’animale-uomo. Diamo sempre per scontato che l’animale uomo sia migliore dell’animale bestia, dimenticandoci, però, che la radice comune è quella di animale e quindi una comparazione è possibile. Qual è il motivo che spinge l’uomo ad adoperarsi in queste azioni mentre l’animale non lo fa? Io credo la risposta risieda in quell’assunzione iniziale di superiorità.
Sono stato accusato di tracotanza e di superbia per il puro fatto di considerare tutti gli esseri secondo la radice comune, quella di animale, invece che “accontentarmi” e di “rispettare per dogma” la bellissima maschera di cui sappiamo fornirci quando ci differenziamo in uomini. C’è un’enorme differenza tra essere e apparire, per fortuna, il percorso che porta dall’uno all’altro e viceversa, è intuibile tramite le azioni di ognuno. Associo questa visione ad un concetto di umiltà più che di superbia, se ho dato un’altra impressione di me, me ne scuso.
Vorrei concludere con una battuta, se mi è concesso, accolgo il tuo rimprovero come da un Tribuno Goliarda che venga assalito da una ebbrezza triste al termine di una giornata di apparente gioia alcolica.
Il rispetto e la considerazione sto cercando di guadagnarmeli con le mie parole e con le mie azioni quotidianamente, a modo mio. Li ricerco tra gli ultimi, tra gli intoccabili, tra cui sono venuto a ricercare anche me stesso. Se le mie parole o i miei comportamenti non sono meritevoli del rispetto della Grotta Azzurra, mi addoloro ma me ne dovrò fare una ragione, non mi sono stati forniti argomenti sufficienti per cambiare idea ma ho ricevuto solo imposizioni di “rispetto”, per scappare dalle quali, già di conto mio, ero venuto in Nepal.
Data la distanza credo che le comunicazioni finiscano qui, io rimango aperto a qualsiasi confronto. Per ora va bene così, le montagne Nepalesi offrono moltissima pace ed opportunità. Magari sono un pazzo visionario, ma, magari, ciò che mi rende tale è la completa intolleranza verso la sofferenza gratuita ed evitabile. Molto pochi di voi hanno fatto un uso ragionato di questa sostanza. Mi permetto quini di mettere in discussione la vostra esperienza in materia, a prescindere dall’età anagrafica. Limitarsi a considerare lo “sballo” io penso sia un’opinione deontologicamente scorretta oltre che una mancanza di rispetto verso coloro che utilizzano questa sostanza per fini molto più profondi del vostro superficiale ed ironico giudizio.
Un ultima opinione, in una mail c’era scritto che al mittente in questione non interessava la “filosofia della cannabis” ma solo studiare la “cannabis come farmaco”. Ragionamento assurdo se si ipotizzasse che anche l’effetto psicoattivo della sostanza fosse terapeutico. Perché non viene fatto? Smettiamola di prenderci in giro per un istante, io lo sto provando sulla mia pelle, è per pura e semplice convenienza, se non si rispetta per un istante il dogma psicoattivo-cattivo, l’unica scelta vista come coerente, è proprio quella di scappare tra le montagne. Non tutti hanno il coraggio di farlo. Per questo, a volte, la cannabis fa male.
Namastè
Dr. Simone Fagherazzi
FONTE: DIKESALUTE.COM
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