La legislatura numero 18 è iniziata, seppur non esiste alcuna maggioranza parlamentare nei gruppi presentati agli elettori uscente dal voto del 4 marzo alle elezioni politiche.
Il voto ha stravolto il sistema politico ed i “rapporti di forza” interni alle coalizioni e certifica, come esposto dal grande Enrico Mentana nella sua imperdibile ed approfondita maratona elettorale, il “grande pareggio” che costringerà a complicate trattative per avere un governo.
Il primo dato, sconcertante e di cui nessuno sta parlando in queste ore, è l’astensione al voto.
L’affluenza è stata del 72,9 per cento, la più bassa nelle elezioni politiche dal 1948 a oggi.
Ecco, di seguito, i risultati del “grande pareggio”:
CAMERA DEI DEPUTATI
Alla Camera il centrodestra può contare su 260 seggi, di cui 109 attribuiti con l’uninominale mentre nella quota proporzionale, 73 seggi sono ascritti alla Lega, 59 a Forza Italia, 19 a Fratelli d’Italia.
Il Movimento 5 Stelle invece avrà 221 seggi, 133 eletti col proporzionale e 88 con l’uninominale.
Al centrosinistra vanno 112 seggi, di cui 2 a Svp, il resto al Pd: 24 relativi ai collegi uninominali e 86 alla quota proporzionale).
A Liberi e Uguali vanno 14 seggi, tutti dal proporzionale.
SENATO DELLA REPUBBLICA
Al Senato il centrodestra avrà 135 parlamentari, di cui 58 con l’uninominale mentre la quota proporzionale consegna 37 seggi alla Lega, 33 a Forza Italia, 7 a Fratelli d’Italia.
Al M5s vanno 112 seggi, di cui 44 assegnati con l’uninominale e 68 col proporzionale.
Il centrosinistra totalizza 57 seggi: Svp ne prende uno, il Pd totalizza 56, di cui 13 all’uninominale e 43 al proporzionale.
A Liberi e Uguali sono attribuiti 4 seggi.
E’ evidente che nessun gruppo parlamentare avrà la maggioranza in numeri politici per governare il paese.
Questo apre a diversi scenari, ma molti passaggi ora sono obbligati.
Vediamo come si procederà nei prossimi giorni:
La legislatura comincia ufficialmente l’8 e 9 marzo, quando i nuovi deputati e senatori potranno adempiere le prime pratiche burocratiche per registrarsi in Parlamento.
Successivamente il 23 marzo si avrà invece la prima seduta delle nuove Camere per l’elezione dei presidenti di Montecitorio e Palazzo Madama con due distinti meccanismi di voto.
Al senato la seduta sarà presieduta dal rappresentante più anziano, cioè l’ex presidente della repubblica Giorgio Napolitano.
Alla camera dall’ex vicepresidente che nella precedente legislatura aveva ottenuto più voti: Roberto Giachetti (PD).
Nella prima seduta si procederà alla proclamazione degli eletti e all’elezione dei nuovi presidenti.
METODO DI ELEZIONE DEI PRESIDENTI DELLE CAMERE PARLAMENTARI:
Al Senato l’operazione di elezione del Presidente dovrebbe concludersi al massimo entro le 48 ore.
Il Regolamento prevede, infatti, che se dopo due votazioni nessuno dovesse riuscire a raggiungere la maggioranza assoluta, si ricorrerà al ballottaggio tra i due candidati più votati.
Alla Camera, invece, i tempi saranno sicuramente più lunghi: serve la maggioranza dei 2/3 dell’Assemblea nei primi tre scrutini, poi la maggioranza assoluta. Ed il regolamento prevede di procedere in questo modo “ad oltranza”, fino a raggiungere un Presidente eletto.
Entro il 27 marzo i gruppi parlamentari, invece, dovranno eleggere internamente i loro presidenti.
Ad inizio aprile avverranno le dimissioni del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni (rimanendo in carica per gli “affari correnti”) e l’inizio delle consultazioni al Quirinale per il nuovo Governo.
A questo punto il presidente della repubblica Sergio Mattarella comincerà le consultazioni.
Poiché nessuna forza politica ha raggiunto la maggioranza dei seggi (316 alla camera, 158 al senato), Mattarella dovrà conferire un incarico pieno o esplorativo al potenziale presidente del consiglio, in grado di formare un governo e trovare una maggioranza che lo sostenga in parlamento.
Un’ipotesi è la formazione di un governo tecnico, ma anche questo dovrebbe ottenere la fiducia del parlamento.
In tutto questo periodo di consultazioni il presidente del consiglio manterrà i propri poteri “per il disbrigo degli affari correnti”, fino a quando non sarà nominato un nuovo esecutivo o, se non si raggiunga un accordo, fino a nuove elezioni.
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