
Ha chiesto 22 condanne, con pene comprese tra un massimo di trenta e un minimo di 4 anni e mezzo di reclusione nel processo per droga sulle ramificazioni del clan Polverino.
Ma nel corso della lunga requisitoria, pronunciata davanti ai giudici della undicesima sezione penale del tribunale, il pm Henry John Woodcock ha aggiunto un’ulteriore riflessione: “Le droghe leggere sono per la criminalità organizzata una fonte di arricchimento e un serbatoio di manovalanza. E anche un danno per lo Stato. A questo punto, meglio liberalizzarle. Si eviterebbero anche tanti omicidi”.
Questa l’affermazione del magistrato anticamorra della Procura di Napoli.
Nonostante possano suonare come uno slogan, le parole del pm trovano un riscontro anche nei numeri. Con l’introduzione dell’economia illegale nella raccolta dati dell’Istat, nel 2011 si è potuto calcolare in 10,5 miliardi il Pil derivante dal mercato delle droghe. La legalizzazione, in questo senso, avrebbe effetti decisamente positivi sul rapporto deficit-Pil, ma non solo, rappresentando circa la metà del mercato degli stupefacenti, un’eventuale liberalizzazione rappresenterebbe a tutti gli effetti un vero e proprio colpo agli introiti della criminalità organizzata.
Le frasi pronunciate sono destinate certamente ad aprire una nuova discussione su uno dei temi più controversi del dibattito politico e giudiziario italiano.