In controtendenza rispetto ai classici reportage di quanto avvenuto oggi con la protesta degli “imprenditori” e dei “commercianti” del settore cannabis “light” vogliamo esprimere le nostre considerazioni sulla protesta odierna (e che sta montando in queste settimane).
Certamente è legittimo protestare, ci mancherebbe altro; la legge 242/16 dopo la sentenza della cassazione lascia un limbo ulteriore rispetto a quanto già fosse insicura la legge di partenza (mai però fino al 30 maggio messa in discussione ma anzi usata come “certezza” ((??))).
Legittimo protestare, dicevamo. Certo sarebbe importante non settorializzare la situazione, dato che settoriale la legge 309/90 sulla quale si appoggia la 242 non è , e soprattutto penalizza clamorosamente ed ingiustamente milioni di consumatori di cannabis.
Inoltre con la protesta odierna si chiede, legittimamente ricordiamolo ancora, un miglioramento dal punto di vista commerciale; questo però potrebbe portare dei risvolti ugualmente penalizzanti per chi commercerà i prodotti, sempre dovuti al sistema che regolamenta (e tiene illecita) la cannabis ad oggi.
Infatti il commerciante, qualora il prodotto superasse ugualmente la soglia di “tolleranza” “drogante” (oggi) o superasse una soglia fatidica fissata da una pretenziosa legge settoriale (ad esempio 0,5% o 0,6%) (in futuro), sarebbe sempre e comunque soggetto ad una normativa assurda che lo renderebbe criminale per aver ceduto cannabis con THC superiore a minimi irrisori (spesso superati dalle stesse genetiche coltivate e certificate). E tutto questo ugualmente rimarrebbe a livello penale per chi coltivasse qualche pianta di cannabis con THC per sottrarsi alla criminalità organizzata, penalizzerebbe comunque il consumatore di cannabis con THC, lascerebbe invariata la normativa per il consumatore, il quale una volta separata la “cannabis legale” dal ridondante pacchetto, lo renderebbe soggetto a perquisizioni, controlli, sequestro e persino denuncia per possesso ex articolo 75 dpr 309/90, fino ad eventuali contro analisi delle FF.OO. che lascerebbero cadere il procedimento (se effettivamente sotto eventuali limiti oggi non chiari).
Questi sono solo alcuni dei motivi per cui ricordiamo la necessità di unirsi collettivamente in un messaggio di libertà personali, condivise socialmente, che garantirebbero di riflesso sicurezza commerciale ed economica ai partecipanti a tutti i settori della cannabis (anche quelli che ancora devono nascere).
Chi vende la “cannabis illecita drogante” ad oggi in Italia è la criminalità organizzata, ma per una precisa scelta del nostro Stato proibizionista, poichè ad esempio negli Stati Uniti, in Colorado, sono gli stessi commercianti/cittadini/attività legali che gestiscono il mercato con ottimi risvolti sociali ed economici anche per le casse statali e senza compromettere il livello sanitario ma anzi migliorandolo efficacemente; chiediamo questo, non differenziamo il settore in modo spasmodico ed opportunistico.
Sono molteplici le realtà che condividono questo pensiero, questa azione sociale diretta e chiara, basata su esempi, studi, linee guida internazionali ed incardinata nel Manifesto per la Cannabis Libera (www.manifestocannabislibera.it) sottoscritto ad oggi da oltre 21.000 cittadini ed oltre 150 realtà tra associazioni ed aziende operative sul territorio nazionale; è tempo di riflettere tutti insieme sulle strategie adottate e rimettere al centro dell’azione collettiva le libertà sociali.
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