Cannabis in Italia: il punto di vista dell’Associazione FreeWeed

La Liberalizzazione della Cannabis porterebbe una necessaria ondata di coscienza sociale sul vero prezzo e sul reale valore economico del prodotto della pianta di cannabis, un tempo riconosciuta come la chiave per scardinare il sistema commerciale consumistico.
Oggi, però, è vista come cardine di tale diffusione economico-finanziaria: abbiamo avuto certificato, nel 2015, il farmacoligopolio, in diffusione autorizzata della cannabis da parte del sistema farmaceutico, e ci siamo lamentati (la protesta era COLLETTIVA: “uno scandalo far pagare in grammi un fiore!” ricordo bene i commenti degli stessi che ora….) del costo del fiore venduto dallo stato (8-9 euro al grammo) ma, non appena ci è stata data la possibilità di intraprendere un “mini-mercato” sul “niente THC” (che però è molto simile, a livello economico) ecco che tutti i concetti precedenti sono andati “in cavalleria”, e TUTTI hanno iniziato a vendere cannabis certificata U.E (limite 0,6% THC, e spesso nemmeno UE, nel pieno rispetto della liberalizzazione ) a prezzi SUPERIORI a quelli del sistema sanitario, senza CONTROLLI, senza INFORMAZIONI, lasciando nelle mani del “dettagliante” la spiegazione al cliente (spesso in tutela del business e non sempre dettata da voglia di sensibilizzare, tanto che se ne sono sentite di stupidaggini). Fortunatamente in questo “anno di canapa finta legale” sono emerse AZIENDE serie, poche c’è da dirlo, che si impegnano per informare e spiegare questo mercato, questo prodotto e questa speculazione folle, anche se, debbo dirlo sinceramente, nessuno sta vendendo canapa certificata a prezzi da “rivoluzione”   ma più che altro a prezzi da follia commerciale, ma questo è un “problema” dei consumatori, il mercato fa il suo gioco, giustamente.
Dopo questo spregevole, per alcuni, riassunto realistico, restano sicuramente gli avanzamenti economici, più aziende, più contratti, più stipendi, tutto molto bello, se non fosse che, a livello legale, non è cambiata di una virgola la regolamentazione e, sempre più spesso, il concetto collettivo viene spinto a chiedere PRIMA una regolamentazione di questo che si ha già, piuttosto che avventurarsi nel chiedere un diritto che ci spetta ma che, ora, è evidentemente in secondo piano rispetto al voler, forse giustamente, certificato un business che porta il pane a casa.
Sembrano visioni inconciliabili.
Eppure io vedo una profonda unione di intenti possibile, una forte coesione tra attori ONESTI E SERI in questo momento storico e vedo una grande potenzialità nel movimento antiproibizionista; parimenti vedo questo eterno buonismo nel settore, che non vuole estromettere i buffoni, i mercenari e gli esperti improvvisati ma tende a voler tenere “tutti dentro” per un fantomatico quanto irrealizzabile (in questo modo) obiettivo comune. Vedo Associazioni di informazione messe in secondo piano rispetto a realtà aziendali solo perchè tali soggetti possono permettersi di PAGARE presenza e movimentazione: questo concetto imprenditoriale non è che il risultato dell’assurda “manovra sociale fittizia” inventata come scusa per coprire un mero processo di marketing, sostenuto dalle stesse aziende che chiudono le porte agli attivisti.
L’Attivismo Politico è ben altro che piazzare il proprio prodotto.
Che lo accettiate o meno, è cosi.
E dovremmo imparare a rispettare chi si impegna senza stipendio, invece di crederci prioritizzati rispetto a lui perchè noi diamo da mangiare alla nostra famiglia, in modo nobile, perchè chi lotta per tutti, carissimi imprenditori, sta lottando ANCHE PER VOI, PER LA VOSTRA FAMIGLIA, PER IL VOSTRO STIPENDIO, e, guardate un po’, lo fa senza tornaconto personale.
Questa società ci ha educato a rispettare Berlusconi e sfottere il volontario che la domenica mattina prova a raccogliere due cartacce, perchè il primo “da lavoro a tanta gente”, mentre il secondo “beh può anche non farlo, che gli cambia?”.
In America, che usiamo tanto come esempio di evoluzione sul tema, sappiate che le Associazioni sono agli ingressi delle fiere, degli eventi, non nascoste dietro un muro tanto per dargli uno spazio perchè sarebbe brutto escluderle. In America le aziende diffondono i messaggi delle associazioni, partecipano alla LORO ATTIVITA’ SOCIALE, non solo finanziando altre aziende per farsi pubblicità. L’impegno degli attivisti in Italia è sottovalutato, salvo poi lamentarsi quando manca informazione corretta. Se dovessi elencare le porcate che abbiamo svelato in questi 5 anni di informazione come Associazione FreeWeed finirei questo post dopo la formazione del Governo, senza dubbio.

I punti in comune tra chi crede davvero nella libertà della cannabis sono TANTI E CHIARI.

Non esiste assolutamente un solo punto di vista sulla cannabis “light”, per alcuni illusoria per altri precursore, ma quel che è evidente è che non bisogna accontentarsi di questo stato di cose “commercializzato” e non bisogna arrendersi a lasciar parlare esperti improvvisati ma partecipare al dibattito, esporsi, dare la propria opinione senza mai arretrare di un centimetro con le richieste finale di liberalizzazione totale della cannabis.

#LottaSiempre
#FreeWeed

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