ALLA REGIONE LAZIO E CAMERA DEI DEPUTATI DUE PROGETTI DI LEGGE PERICOLOSI DA FERMARE.
FONTE Articolo: Biocannabis.it
“Pubblichiamo le osservazioni dell’azienda agricola BioCannabis al progetto di legge della XIII Commissione Permanente (Agricoltura), per la modifica della normativa che regolamenta la produzione agricola della canapa non psicoattiva, agli atti della Camera dei Deputati, pubblicata in data 26 marzo 2015 e consultabile al seguente link: http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2015/03/26/leg.17.bol0413.data20150326.com13.pdf
Oppure consultabile da pag 117 a pag 124 del N. 413 del Bollettino delle giunte e commissioni parlamentari, pubblicato nella medesima data al link:http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2015/03/26/leg.17.bol0413.data20150326.pdf
Poco prima, il 24/10/2014 era stata depositata anche una proposta di legge regionale alla regione Lazio, la PL 205/2014, sempre sugli aspetti agricoli industriali della canapa.
In questa pagina, però ci concentreremo principalmente sulla proposta nazionale, che in qualche modo e vedremo come, dall’altra precedente è stata influenzata, analizzandone le connessioni.
Della PL regionale analizzeremo solo la parte più pericolosa per l’ambiente e la salute pubblica, simile in entrambe; l’intenzione di ricavare energia con la combustione della biomassa di piante di canapa, utilizzate per disinquinare i siti contaminati da sostanze chimiche tossiche e metalli pesanti, mentre in quella nazionale ci soffermeremo anche sul resto del testo, oltre questa inquietante parte.
Questi geni, senza essersene resi conto (speriamo), hanno inconsapevolmente scoperto, il primo modo per arrecare con la canapa, gravi e irreparabili danni, perfino letali, alla salute delle popolazioni limitrofe alle aree dove queste combustioni avverrebbero, vaporizzando in aria e rendendo respirabili quei veleni estratti dalla terra dei luoghi disinquinati con quelle piante.
Non siamo contrari a disinquinare i terreni con la canapa a patto che poi quella biomassa venga stoccata in siti protetti e mai più riciclata e/o immessa in circolazione per nessun uso, altrimenti sarebbe solo un insensato e pericoloso spostare veleni da un luogo ad un altro.
Siamo comunque contrari alle centrali a biomasse per i danni che producono all’ambiente e alla salute delle popolazioni limitrofe e siamo quindi contrari anche ad alimentarle con la canapa, anche se non provenisse da coltivazioni finalizzate a depurare terreni pesantemente inquinati ma da terreni dove si pratica agricoltura convenzionale intensiva (vedi link:http://www.biocannabis.it/?p=427 ).
SITUAZIONE:
Nel nostro piccolo e dal nostro particolare punto di osservazione da agricoltori, esponiamo la nostra visione per attirare come possiamo, l’attenzione su questo testo licenziato alla Camera, prima che venga approvato con gli stessi contenuti anche al Senato, dove la sua discussione non è stata ancora calendarizzata.
Coltiviamo canapa e conosciamo difficoltà e limiti della attuale normativa sulla coltivazione legale delle varietà a basso tenore di THC, comprese tra le 52 ammesse dalla comunità europea e viviamo nel nostro lavoro quotidianamente le difficoltà causate dalla normativa attualmente in vigore.
Proprio per questo, da agricoltori che coltivano canapa, riteniamo che se si debba modificare la attuale normativa, sia sensato e necessario farlo solo per arrivare ad una normativa migliore e non certamente solo per fare una nuova legge.
Questo progetto di legge della Commissione Agricoltura della Camera ha il sapore di una controriforma agraria, complica di molto le procedure agendo da disincentivante, sicuramente almeno per le piccole e medie imprese o cooperative agricole a tutto vantaggio della grande industria.
Non ci basterebbe e non ci accontenteremmo però, neanche se per assurdo, ci si proponesse una legge molto vantaggiosa per noi canapicoltori ma distruttiva per l’ambiente e la salute pubblica.
Questo perche su questo pianeta viviamo e l’aria, l’acqua, la terra e chi ci vive, animali e umani, sono il bene primario che chiunque (non solo noi) non sia accecato dal folle inseguimento del profitto senza etica, dovrebbe proteggere come valore assoluto inviolabile, non barattabile con nulla.
Occorre una legge che nel rispetto della normativa europea in materia, applicando le sue direttive, sostenga il rilancio della coltivazione di questa pianta preziosa per la vita, fonte di innumerevoli risorse.
Una legge che snellisca e semplifichi le procedure necessarie a favorire e diffondere la sua reintroduzione in agricoltura, ancora limitata anche se in crescita costante negli ultimi anni, dopo decenni di oblio.
Condizioni necessarie soprattutto per la parte meno difesa del settore ma con le migliori potenzialità, quelle piccole e medie aziende agricole che ne permetterebbero una ampia diffusione capillare indubbiamente maggiore delle potenzialità della grande industria agroalimentare delle produzioni intensive.
L’agricoltura industriale intensiva, necessita di distese imponenti e contigue per le sue produzioni monoculturali, solitamente nelle pianure nei pressi di grandi fiumi o in quelli che furono i letti di enormi corsi d’acqua o laghi nell’era glaciale.
Aree ora contese e sottratte alla agricoltura dalla progressiva esponenziale urbanizzazione e lottizzazione, spesso attraversate da grandi arterie e reti stradali.
Sono quelle le aree più inquinate sia per la qualità dell’ aria, che nelle falde e nelle terre, per la somma degli effetti degli scarichi della maggiore densità abitativa, delle industrie, dei preparati chimici usati in agricoltura convenzionale e per le maggiori probabilità complessive dei fattori di rischio inquinanti in pianura.
Per effetto della legge dei vasi comunicanti, è più probabile che un corso d’acqua o una falda siano compromessi in pianura piuttosto che nelle aree meno popolate dell’interno o in quota maggiore.
Quindi, oltre la minore integrità qualitativa dei terreni e nonostante le grandi dimensioni degli appezzamenti della agroindustria, bisogna considerare che; in un paese morfologicamente caratterizzato da Alpi e dorsali Appenniniche, la superficie coltivabile di quelle enormi distese è minore della somma sviluppata dalla miriade dei piccoli appezzamenti, diffusi ovunque, soprattutto nelle valli in collina nell’interno, la maggior parte delle quali è stata abbandonata nei decenni passati divenendo incolta.
Sono queste terre abbandonate, sicuramente non inquinate da diserbanti e anticrittogamici che quelle piccole, piccolissime e medie realtà, capillarmente diffuse potrebbero fare rivivere con la coltivazione della canapa se fossero stimolate.
Una miriade di piccole realtà locali che attualmente utilizzano una superficie totale consistente delle terre agricole e quelle coltivate non sono che una piccola parte di quelle che lo potrebbero divenire.
Pensiamo a quelle tantissime piccole proprietà abbandonate o in parte utilizzate per il fieno, poco pagato e spesso invenduto che sono l’effetto visibile della fuga dalle campagne dell’era post fordista e che potrebbero diventare il volano della rinascita di una nuova agricoltura con il ritorno a quelle terre dalle quali si fuggiva nei decenni passati.
Immaginiamo una nuova primavera, un altro modello di sviluppo che crei occupazione e reddito nel settore agricolo che negli anni ‘60 impegnava circa il 70% della popolazione e attualmente appena il 6%,che sebbene sia in ripresa, occorrerebbero normative per potenziare questa ancora debole inversione di tendenza.
Riteniamo sia necessario e possibile ora innescare quel meccanismo, sostenendo la agricoltura sociale, alle volte casalinga familiare delle piccole ditte spesso individuali o di poche persone amiche.
Crediamo nelle potenzialità di una agricoltura diffusa e non accentrata, ogni presente piuttosto che concentrata come nel modello delle colture intensive dei grossi investimenti agroindustriali.
La meccanizzazione dei lavori nei campi delle grandi agroindustrie, con la progressiva esclusione della manodopera umana sostituita dalle macchine e il modello imprenditoriale, finalizzato non alla redistribuzione come accade in una piccola società di amici o azienda familiare ma è basato sul plusvalore prodotto da quelle maestranze; minore è il numero delle persone occupate e maggiore è il profitto ricavabile da quegli investimenti economici.
Se c’è una cosa che può far ripartire la agricoltura è la coltivazione della canapa e se c’è un modello che può creare occupazione, riportando vita e lavoro in quelle terre e campi dai quali si fuggiva non sono i gradi investimenti dell’agroindustria , ma le piccole cooperative, le ditte individuale e aziende agricole che presidiano capillarmente i territori.
La coltivazione della canapa e la sua filiera trasformativa sono state abbandonate per decenni e la sua filiera dismessa, occorre ricostruirla decentrata e capillarmente ubicata, spesso mancano le macchine e basterebbe modificare le esistenti con costi contenuti, come ad esempio le mietitrebbie.
Le piccole produzioni non dispongono di un parco macchine autosufficiente per tutte le loro lavorazioni e si affidano a contoterzisti, i contoterzisti sono disposti a qualunque modifica dei propri mezzi se questo aumenta la richiesta del loro operato.
Gli agricoltori non seminano una coltura se non sanno cosa farne e tantomeno se le procedure burocratiche legali sono complicate e impegnative, questo progetto di legge, complicandone gli obblighi con inutili cavilli procedurali, produce effetti disincentivanti per i piccoli, già svantaggiati dalla concorrenza della grandi industrie per quantità, logistica, mezzi, distribuzione e costi ma capaci di livelli qualitativi imparagonabili.
Occorrerebbe sostenere la rinascita di piccoli consorzi locali territorialmente diffusi, nello specifico dedicati alla canapa ma anche non solo, andrebbero incentivati e finanziati come soluzione che permettesse l’utilizzo della stessa macchina a tante piccole realtà che altrimenti non vi avrebbero accesso.
Occorrono leggi che permettano alle piccole aziende agricole e ai loro consorzi di coltivare, trasformare e vendere i loro prodotti alle tassazioni agevolate previste in agricoltura, mentre questa impostazione prevede che i piccoli produttori debbano produrre la materia prima e semilavorati da cedere alle industrie che poi la trasformeranno, invece di incentivarli a produrre e commercializzare i loro prodotti finiti.
Occorrerebbero quindi; leggi che semplifichino le procedure e che con piccoli investimenti, finanziando i piccoli consorzi locali per ottenere molta più occupazione, favoriscano l’accesso ai mezzi di produzione, soprattutto per le piccole realtà agricole che a differenza delle altre ne necessitano e purtroppo queste proposte vanno in larga parte nella direzione opposta.
Una cosa che sicuramente manca è una soluzione praticabile e sicura per la certificazione del biologico, visti i frequenti episodi delle truffe del falso biologico, bisognerebbe semplificare le procedure e aumentare esponenzialmente i controlli, anche prevedendo penali più severe per chi antepone il proprio profitto alla salute pubblica.
Occorre una modalità che sia garanzia certa per l’acquirente dei prodotti finali e semplice, economica, rapida e con eguali parametri di imparziale valutazione per chi pratica agricoltura biologica.
Ne necessitano tutti i prodotti della agricoltura, nel caso della canapa è però maggiormente impellente per la sua capacità di disinquinare i terreni fissando metalli pesanti, diossine e agenti chimici tossici vari nelle sue fibre e sommità apicali, compresi i semi utilizzati in alimentazione, molto più di altre piante coltivate nello stesso terreno e per questo la canapa è potenzialmente maggiormente pericolosa.
Visto che si legifera in materia agricola, sarebbe quindi sensata una norma che partendo dalla specificità di questa pianta, possa essere allargata a ogni produzione agricola alimentare e non.
Le certificazioni del biologico vengono rilasciate da organismi di controllo autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole e sono soggetti privati, il marchio bio viene pagato dalle aziende che poi la comunità europea risarcisce fino ad un tetto annuo massimo di euro 3000 cadauna.
Vi sono enormi disparità sia nei controlli che nei prezzi che il produttore biologico paga, per i servizi certificativi ricevuti, innescando l’eventualità di un potenziale conflitto di interessi fra la azienda agricola erogante denaro e l’organismo di controllo.
Sarebbe quindi più sensato, trasparente, semplice e sicuro, per la popolazione e chi coltiva, individuare un organismo pubblico (ARPA oppure MIPAF o ASL ecc… ), che riceva i finanziamenti europei per prelevare campioni di terra e vegetali da analizzare per rilasciare e confermare o togliere la certificazione del biologico ai produttori.
Questo testo, licenziato dalla XIII Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, dovrà ora passare al vaglio del Senato, dove auspichiamo interventi che ne modifichino le incomprensibili insensate storture. Auspichiamo quindi, nel buon senso di chi, pur non avendo conoscenze agronomiche e tantomeno specifiche della canapicoltura, si affidi in buonafede e intelligenza al semplice comune buonsenso, più che sufficiente ad evitare le risibili amenità presenti in questo testo.
Il testo originale della proposta di legge è in rosso, i nostri commenti sono in nero e i pochi parziali suggerimenti di modifica, sono in grassetto celeste, parziali perché appena accennano e non esautorano completamente le soluzioni ai concetti sopra espressi.
Ci siamo concentrati nel segnalare i pericoli di questa impostazione con piccoli interventi e sottolineature tese a limitarne i danni, dopo avere descritto nelle righe sopra, come secondo noi avrebbe senso approcciare l’argomento.
Del resto non spetta a noi trasformarli in articoli di proposte legislative ma ai legislatori, noi ci occupiamo di altro, facciamo agricoltura.
“..INDAGINE CONOSCITIVA:
Indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento delle imprese agricole.
Audizione dei rappresentanti delle organizzazioni agricole Agrinsieme (Confagricoltura, CIA,
Alleanza delle cooperative italiane), Coldiretti, Copagri, UeCoop e UNCI (Svolgimento e
conclusione) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
SEDE REFERENTE:
Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa.
C. 1373 Lupo, C. 1797 Zaccagnini, C. 1859 Oliverio (Seguito dell’esame e rinvio – Adozione
del testo base) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118
ALLEGATO (Testo unificato elaborato dal comitato ristretto e adottato come testo base) . . . . 119..”.
Innanzitutto, troviamo inopportuno che tra le sigle invitate non ci sia Assocanapa, visto che gli ettari che si coltivano in Italia da molti anni sono frutto del loro lavoro di interfaccia tra gli agricoltori italiani, l’Europa e il ministero delle politiche agricole.
In questi anni a loro si deve la difesa degli agricoltori a volte impropriamente inquisiti dalle forze dell’ordine per disinformazione, alla quale Assocanapa da anni tenta di porre rimedio con tavoli di concertazione al ministero (MIPAF) dove partecipa come associazione di categoria agricola assieme ai vertici delle forze preposte ai controlli nei campi (polizia, carabinieri, finanza e forestale).
Tra le 52 varietà a basso THC autorizzate dalla CEE, ve ne sono alcune recuperate e rintrodotte proprio da ASSOCANAPA, come la Carmagnola e la Carmagnola CS (la varietà Italiana famosa nel mondo per la fibra più lunga finora conosciuta), oltre a Fibranova e Eletta Campana, recuperate da questi omonimi marchi aziendali e italiane anche esse.
Va benissimo che partecipino anche sigle mai prima interessate alla coltivazione della canapa, come Copagri per esempio, impegnata anche nel neo progetto pilota con la regione Lazio , ma non vorremmo che l’esclusione di Assocanapa sia per avvantaggiare soggetti pubblici e privati (e speriamo di sbagliare),che abbiano la finalità dl costituirsi come ente distributore unico autorizzato a vendere sementi da loro certificate o importate già certificate.
Nella proposta di legge regionale laziale, la 205/2014 sopra citata come probabile ispiratrice di questa nazionale, la lettera “h” dell’articolo 2 così recita:
“..creazione di una banca dei semi delle varietà di canapa selezionate, finalizzata alla produzione delle sementi di canapa a livello regionale;..”.
Il primo firmatario della proposta regionale 205/2014 è l’On. De Paolis (SEL), nella sua segreteria troviamo Emiliano Stefanini, che in diversi siti si definisce “responsabile politiche per l’ambiente di SEL” e nelle locandine della Regione Lazio di presentazione, promozione e sostegno alla proposta regionale, compare come “esperto canapicoltore”.
Al seguente link Emiliano Stefanini, nel video (che ci piacerebbe sapere anche se è stato prodotto con denaro pubblico e nel caso quanto ci è costato), al minuto 11 circa, afferma: “..la Camera Dei Deputati, che mi ha visto con onore partecipare come consulente, per più gruppi politici, alle modifiche della..dei tre testi che poi oggi hanno portato al testo unificato adottato in commissione..”, vedi: http://www.canapalive.it/la-canapa-una-risorsa-per-la-regione-lazio-promo-video/ .
Il testo unificato è appunto questo e la “commissione” citata alla quale avrebbe partecipato come consulente è la Commissione Agricoltura della Camera, il vice presidente di questa commissione, Adriano Zaccagnini, è anche lui di SEL.
Riteniamo che, la migliore garanzia, l’antidoto al rischio del creare ennesimi nuovi monopoli è l’utilizzo del metodo inclusivo, dato che monopolio fa rima con “esclusivo”.
Quindi, fosse per noi, non inviteremmo neanche solo Assocanapa, che comunque non ha mai fatto nulla per godere di mercati esclusivi e ha sempre fornito informazioni e sostegno a chiunque, ma anche altri come; i toscani “Fibranova” che hanno recuperato e certificato una loro varietà inclusa tra le 52 prima citate e Eletta Campana che ha recuperato la loro omonima varietà in via di registrazione.
“Art 1 ..3. Il sostegno e la promozione riguardano la coltura della canapa finalizzata:
a) alla coltivazione e alla trasformazione in prodotti finiti, direttamente da chi la coltiva e indirettamente con la cessione di semilavorati e materia prima da costoro a terzi;
b) alla incentivazione dell’impiego di semilavorati di canapa e prodotti finiti (altrimenti si favorisce la grande industria strozzando le piccole produzioni locali, artigianali e di qualità) di produzione agricola locale;
c) all’impiego in nuovi processi produttivi organici e completi, rispondenti alle moderne logiche di filiera;
d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili, lavorati finiti (come nella parentesi sopra) e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;
e) alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, realizzazione di attività didattiche e di ricerca..”.
Andrebbero incentivate le piccole aziende agricole e le cooperative, singolarmente o in consorzi locali, a trasformare e commercializzare in prodotti finiti i loro raccolti, piuttosto che indirizzarli a cederli soprattutto alla industria trasformatrice.
Andrebbero incentivate le autoproduzioni piccole, locali e di qualità, decentrare piuttosto che accentrare, questo creerebbe maggiore occupazione e rediti con la redistribuzione dei ricavi verso il basso, privilegiando il modello della filiera corta.
Si insiste invece a indirizzare chi coltiva la terra a cedere il proprio raccolto come materie prime o semilavorati a basso costo alla industria che li trasforma e rivende a prezzi molto più alti rispetto a quelli percepiti da chi quelle materie ha ottenuto coltivando la terra.
Per la bonifica dei terreni è un discorso a parte che approfondiamo in seguito in questa pagina.
Parliamo di una pianta utilizzabile per migliaia di usi conosciuti e probabilmente altri ancora possibili ma finora ignoti, fosse per noi quindi, lasceremmo il progetto di legge il più aperto e meno delimitato possibile, comprendente anche ciò che la ricerca potrebbe rivelarci in seguito, e aggiungeremmo una altra lettera con i contenuti della seguente:
f) per tutti quegli usi, agricoli, artigianali e industriali, in ogni settore, per gli utilizzi già conosciuti o ancora da scoprire, che con la ricerca in continua evoluzione e la umana creatività, con le sue conoscenze esperenziali in progressiva espansione, permettano in futuro di ottenere; prodotti di ogni genere, semilavorati, trasformati semplici, prodotti finiti e elaborati, che non siano in contrasto con nessuna delle leggi del nostro ordinamento giuridico, oltre che con il buonsenso.
Significa che sarebbe ottenibile tutto nel limite del ragionevole, ovviamente per esempio non per produrre esplosivi in proprio o disinquinare dall’arsenico la Valle del Salto, dalla radioattività luoghi come Chernobyl o dalla diossina una ipotetica Seveso e poi bruciare la biomassa di quelle piante per produrre energia, cibo dalle farine di quei semi, tessuti per abiti, carta e manufatti per la bioedilizia con quelle fibre altamente tossiche.
“..ART. 2. (Liceità della coltivazione).
1. Per le varietà di canapa di cui all’articolo 1, comma 2., è consentita la coltivazione in Italia senza necessità di autorizzazione. (è già così, la normativa europea di riferimento prevede nel suo protocollo al quale attenersi, la comunicazione non la richiesta di autorizzazioni)
2. Dalla canapa coltivata ai sensi del comma 1, è possibile ottenere:
a) la produzione di alimenti e di integratori ad uso umano o zootecnico, di profumi e di cosmetici;
b) la fornitura di semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, oli o carburanti alle industrie di diversi settori, compreso quello energetico.;
c) coltivazioni destinate alla pratica agrodinamica del sovescio; ..”.
Sovesciooooo, ma abbiamo letto bene o non hanno capito cosa affermano??? Per sovescio si intende che coltivi un campo con una coltura ricca per esempio di azoto come il favino e poi, senza raccoglierla, si ara, girando la zolla e mandando la frazione vegetale del campo sotto terra per fertilizzare il terreno.
Se si sovescia un campo con la canapa, specie se di quelle varietà da biomassa a fusto lungo metri ( guardate le foto del nostro campo alla pagina “Gallerie” su questo sito) , senza averla precedentemente tritata per sminuzzarne la lunga fibra, non si potrà più fresare per molti anni quel terreno perche la fibra della canapa impiccia e spacca le frese dei trattori.
Si potrebbe quindi sostituire con. c) coltivazioni destinate alle pratiche agronomiche di arricchimento e alleggerimento dei terreni con la trasformazione organica della sua biomassa preventivamente sminuzzata.
“..d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria;
e) coltivazioni finalizzate alla bonifica di siti inquinati;..”.
Poi tutta quella biomassa che fine farebbe?, la si sposta in una discarica trasferendo i veleni da un luogo all’altro o la si stocca in siti sicuri, unica soluzione sensata ma molto costosa e non menzionata.
Incenerirla senza inquinare è attualmente impossibile almeno in Italia, non ci sono quei forni con filtri molto fini antiparticolarato, con diverse stanze di decadimento e filtraggio per impedire che le polveri sottili (MP10 e ancora più fini) vengano immesse nell’ aria provocando malattie gravi e decessi nelle popolazioni che vivono intorno.
I filtri in uso bloccano solo le particelle di granulometria maggiore, ma sono proprio le particelle più fini che attraversano più facilmente i filtri le più nocive per l’organismo umano, proprio perche sono sottili penetrano in profondità gli alveoli polmonari entrando in circolo.
Già ci immaginiamo le barricate degli abitanti limitrofi sulle strade di accesso agli inceneritori contro l’ennesimo biocidio e noi saremmo li, in solidarietà con quelle popolazioni, che potrebbero essere le prime al mondo ad AMMALARSI E MORIRE GRAZIE AD UN USO IRRESPONSABILE DELLA CANAPA.
“..3. L’uso della canapa come biomassa ai fini energetici di cui alla lettera
b) è consentita negli impianti non superiori a 150 kW, esclusivamente per l’autoproduzione
energetica aziendale e nel caso della coltivazione destinata alla fitodepurazione
di superfici inquinate. Le regioni possono autorizzare l’utilizzo della biomassa derivante
da canapa per fini energetici di cui alla presente lettera, solo in impianti già esistenti e dopo aver appurato l’impossibilità di impiego delle stesse per altri utilizzi..”.
Siamo all’assurdo, in questo paragrafo addirittura sarebbe consentito il “fai da te” per la produzione energetica aziendale da biomassa inquinata, senza nessuna precauzione e prescrizione per la sicurezza della popolazione limitrofa.
Contro ogni buonsenso e rispetto della salute pubblica ogni azienda potrebbe liberamente bruciare la biomassa inquinata, immettendone nell’aria l’inquinamento prima presente nel terreno, che in questo modo diventerebbe respirabile e molto più pericoloso.
Le regioni poi potrebbero autorizzare l’utilizzo della biomassa ottenuta per disinquinare i terreni riciclandola per fini energetici “solo in impianti già esistenti”.
Tradotto significa in inceneritori e impianti a biomassa che in teoria non dovrebbero utilizzare materiali inquinanti, ignorando ogni elementare precauzione e anche le normative in materia di cosa si dovrebbe bruciare negli impianti a biomassa e cosa sicuramente non “..rifiuti di legno ad eccezione di quelli che possono contenere composti alogenati organici o metalli pesanti..” , materiali vegetali vari “..non contaminati da inquinanti ..”, ( vedi pag 12 e 14 del rapporto 111 dell’ISPRA:http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/Rapporto1112010bassa.pdf ).
Proviamo ad immaginare uno scenario terribile, per ora solo frutto della nostra fantasia e augurandoci che tale rimanga, ipotizziamo una conseguenza che la applicazione di questo, che per ora è solo un disegno di legge, renderebbe possibile se mai divenisse legge: Prendiamo per esempio il caso della valle del Sacco ( vedi https://storify.com/_corram/dd ), con livelli molto elevati di esaclorocicloesano, DDE, DDT nei terreni agricoli, e presenza di mercurio, cromo,arsenico, diossine e altre sostanze tossiche nell’area industriale di Colleferro ; la lettera “b” del punto 3 dell’art. 2, permettendo alle regioni di autorizzare l’utilizzo di quella biomassa inquinata per ottenere energia “solo in impianti già esistenti”, consentirebbe che quel materiale ottenuto disinquinando quei luoghi venga poi bruciato nell’impianto a biomassa di Anagni, immettendo nuovamente nell’aria, nella terra e nell’acqua di quella valle, quei veleni, prima sottratti dalla terra di quello stesso luogo, condannando gli abitanti a respirarli.
Il rapporto 111 dell’ISPRA ci informa che: “.. In tal senso è importante sottolineare che, per effetto di fenomeni di volatilizzazione e di condensazione sul particolato fine ad elevata superficie specifica, i composti tossici più volatili quali arsenico, piombo e cadmio si concentrano sulle ceneri leggere, costituite da materiale di piccola granulometria. Il mercurio eventualmente presente, invece, in virtù della propria elevata volatilità e di quella dei suoi composti, viene emesso in forma totalmente gassosa..”.
Le ceneri leggere di piccola granulometria sono quelle polveri sottili che fuoriuscendo dagli impianti entrano in circolo nell’organismo, oltrepassando le barriere degli alveoli polmonari grazie alla loro ridotta granulometria.
Il mercurio invece, si vaporizza in forma gassosa, poi raffreddandosi ricade al suolo se non è nel frattempo, inalato dall’ignaro passante.
“Art 2 ..4. La superficie minima coltivata deve essere pari almeno a 1.000 (mille) metri quadrati ad eccezione di progetti di ricerca autorizzati.”.
Finalmente una cosa sensata, attualmente il minimo consentito è di un ettaro (10.000).
“Art 3..1. L’acquisto delle sementi certificate è consentito solo alle aziende agricole dotate
di fascicolo aziendale nell’ambito del sistema informativo agricolo nazionale (SIAN).
2. Le aziende agricole di cui al comma
1. sono tenute a compilare apposita comunicazione attraverso il portale SIAN in
ordine alla semina della canapa.
3. Nella comunicazione devono essere riportati i seguenti dati:
a) La data prevista della semina;..”.
La nostra azienda agricola ne semina ettari, quindi non ci cambia una virgola se non per la data prevista della semina.
Nella normativa attualmente in vigore non c’è la comunicazione preventiva della data prevista, che per una semina non in serra ma in campo aperto è difficilmente prevedibile, essendo essa subordinata alle condizioni climatiche.
Attualmente è prevista la comunicazione alla caserma più vicina entro un mese dalla avvenuta semina e questa è una inutile complicazione, insensata e ridicola per chi pratica l’agricoltura e aspetta le condizioni necessarie per farlo; ossia l’avvento di tre o quattro giorni di secco per poter fresare e seminare il campo arato tempo prima.
Se lo scopo dichiarato è quello della reintroduzione però, anche questo articolo va nella direzione opposta, coloro che non sono agricoltori come noi non potranno mai coltivarla per produzioni casalinghe al contrario di ora, che se ci si attiene al protocollo europeo e se si ha almeno un ettaro, chiunque lo potrebbe fare.
Poi la comunicazione al portale del sistema informativo agricolo nazionale (SIAN)prevede che tutti gli agricoltori usino la rete è non è così, soprattutto per gli anziani nelle zone interne del paese.
“..b) Il nome della varietà di Canapa utilizzata e gli estremi dei cartellini emessi
dall’ente certificatore, dei quali deve essere conservata copia per un periodo non inferiore
a dodici mesi dalla data della semina;
c) La quantità di seme utilizzata per ettaro e gli estremi della fattura di acquisto
della semente;
d) La superficie seminata con la localizzazione catastale (indicazione di Comune,
Foglio, Particella e subalterno) e la indicazione della forma di possesso;
e) La destinazione produttiva della coltura seminata con possibilità di modifica a sistema, attraverso denuncia di variazione, entro dieci giorni dall’eventuale cambio di destinazione produttiva..”.
Il punto “e”, non è presente nella attuale normativa in vigore,potrebbe accadere che magari la pianti per uno scopo e poi ti vengono in mente altri venti possibili utilizzi che diventerebbero illegali solo perché non li hai preventivamente dichiarati.
Un inutile cavillo che ne limita la applicabilità, ininfluente per le grandi aziende che preparano con largo anticipo i loro bisenesse plan ma limitante per le piccole produzioni, non se ne comprende la necessità e ne proponiamo la cancellazione.
“..Art 3..4. La comunicazione deve essere presentata entro due settimane dalla data della semina..”.
La attuale normativa recita “entro trenta giorni dalla avvenuta semina..” ed è un’ulteriore peggioramento che non semplifica la procedura ma ancora una volta la complica.
“..Art 3..5. Il SIAN provvede a mettere a disposizione,qualora necessario, i dati relativi alle comunicazioni di coltivazione in suo possesso, alle Regione nel cui territorio avviene la semina e alle forze dell’ordine
operanti sul territorio.
6. Il coltivatore ha l’obbligo, altresì, di conservare, nella documentazione relativa
alla coltivazione della canapa, il disciplinare per il campionamento della coltura.
7. Entro 90 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, AGEA procede
alla implementazione del portale SIAN con la predisposizione di apposita modulistica
e la messa a punto di piattaforme informatiche che permettano la condivisione
delle banche dati, a tutti gli Organismi interessati alla coltivazione e ai controlli..”.
La attuale normativa prevede un protocollo dettato dalla comunità europea su come attuare i controlli e il campionamento, indicando la stazione delle forze dell’ordine più vicina per competenza territoriale, come quella preposta a ricevere la documentazione e rapportarsi con il coltivatore.
“..Art 4..1. Il Corpo forestale dello Stato è autorizzato a effettuare i necessari controlli,
inclusi i prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa, fatto salvo ogni altro tipo di controllo effettuato da parte degli organi di Pubblica Sicurezza eseguiti su segnalazione e nel
corso dello svolgimento di attività giudiziarie..”.
Sempre più giungla burocratese e insensata che invece di semplificare per incentivare la coltivazione la complica, poi la forestale invece che la caserma più vicina e perche? A parte che pare o almeno si vocifera che questo corpo debba a breve essere sciolto o accorpato ad altri.
Poi, almeno finche ci sono, sarebbe sensato, piuttosto che affidargli nuovi compiti di controllo, potenziarne almeno le attuali utili mansioni nel vigilare su:
(1) Le ditte che inquinano corsi d’acqua con sversamenti clandestini di liquidi tossici.
(2) La caccia di frodo nei periodi di fermo e nelle riserve.
(3) Gli incendi che ogni estate divorano il nostro patrimonio boschivo.
(4) Le modalità del tagliare le piante nei boschi delle ditte di taglia legna, visto che da una semplice passeggiata nei boschi appare evidente che i controlli sono insufficienti in gran parte del territorio boschivo.
“..Art 5..1. Il Ministero della salute, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, con proprio decreto, tenuto conto dei valori individuati e approvati dal
Consiglio superiore di Sanità, aggiorna il Testo Unico di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, definendo in tabella i livelli massimi di residui
di THC ammessi nei derivati derivati alimentari e nei cosmetici ottenuti dalle diverse parti
della pianta di canapa..”.
Le varietà psicoattive, hanno un contenuto in THC anche oltre cento volte più concentrato che arrivano al 23/24%, (il rapporto tra uno 0,2% e un 20% è uno a cento).
In Italia però, differentemente dal resto dell’Europa, per gli scopi alimentari è consentito l’uso solo della farina e dell’olio dei semi, senza tracce di THC, mentre non sono consentite, tisane o qualsiasi preparato, dolce, salato, alcolico eccetera, ottenuto con fiori e foglie.
Questo perché, anche se assolutamente non psicoattive, con concentrazioni di THC ininfluenti e inferiori allo 0,2%, per la legge italiana è vietata la presenza negli alimenti del principio attivo, indipendentemente dalla sua concentrazione.
Mentre nel resto dell’Europa, con queste stesse 52 varietà autorizzate è consentito ottenere prodotti alimentari con ogni parte della pianta.
Prodotti che se confezionati in un altro paese europeo, sono liberamente commerciabili anche in Italia, con ingiustificata e evidente discriminante penalizzazione della produzione agroalimentare italiana.
Su questo punto sarebbe sensato non delegare al ministero della salute ma intervenire direttamente rifacendosi alla normativa europea, altrimenti si riconfermerebbe che siamo in Europa solo per il peggio e che le norme positive non riguardano noi, abitanti nella provincia dell’impero.
“..Art 7..1. Sono considerati operatori industriali tutte le imprese, anche agricole, che provvedono od effettuano almeno due delle seguenti operazioni:
a) coltivazione con primo condizionamento;
b) lavorazione,
c) trasformazione successiva alla raccolta..”.
Attualmente, le aziende agricole, indipendentemente che coltivino canapa o altri vegetali, hanno su ciò che producono e trasformano dai loro raccolti, una fiscalità agevolata grazie alle norme sugli incentivi alla agricoltura.
Considerare “..operatori industriali tutte le imprese, anche agricole..”, opererebbe una immotivata discriminazione penalizzante per le aziende agricole che coltivano canapa nei confronti delle altre che, con la stessa ragione sociale, coltivano i pomodori con i quali fanno le loro conserve, ottengono olio con le olive del proprio oliveto oppure vino con l’ uva della vigna che coltivano.
Una disparità di trattamento fiscale mirata a disincentivare le piccole aziende agricole a trasformare la canapa che coltivano, costringendole a cedere a poco i loro raccolti alla industria trasformatrice.
Una normativa, quella attualmente in vigore, che fu pensata per sostenere l’agricoltura che trasforma direttamente ciò che coltiva con fiscalità diverse da chi acquista i raccolti e li trasforma in prodotti finiti, non nella Cuba Guevarista ma in quella prima repubblica che nasceva dalla resistenza, memore della fame e disparità sociali prodotte dal latifondo.
Una piccola controriforma agraria mirata, che toglierebbe dalla fiscalità agevolata per l’agricoltura solo le piccole autoproduzioni della canapa, a vantaggio della grande industria che con lo stesso regime fiscale di “operatori industriali”, acquista raccolti che trasforma e distributrice, una livella verso l’alto, che non protegge i più deboli ma gli interessi dei più forti.
Per favore, almeno non diteci che queste norme sono state pensate e scritte per incentivare e sostenere la reintroduzione e diffusione della canapa, è evidente che la finalità è altra.
Continueremo a vigilare e informare da queste pagine sull’operato di chi legifera e di chi gli suggerisce male, non li lasceremo soli a decidere per noi, soprattutto ora che grandi interessi si affacciano sul biseness di quella pianta sottratta alla umanità per decenni, come la storia insegna, per difendere gli interessi della grande industria, dal pericolo concorrenziale della pianta, che grazie alla sua ineguagliabile democrazia, permetterebbe a chiunque, anche in casa e con pochi mezzi, di auto produrre derivati e trasformati di ottima qualità.
Prodotti migliori e meno costosi, ecocompatibili e alternativi alle versioni offerte dalla grande industria che non a caso inventò nel 1937 il proibizionismo negli USA con il Marijuana Act, poi esportato nel resto del pianeta come primo fenomeno della globalizzazione e la storia si ripete.
Non permetteremo nuovi crimini contro l’umanità perpetrati con la canapa, usata prima per disinquinare i terreni e poi bruciata per produrre energia come sarebbe possibile nelle due proposte, Camera e Regione Lazio, con le sue letali conseguenze sulle popolazioni condannate a respirarne i metalli pesanti, diossine, clorati e tutto il resto sottratto dai terreni con essa disinquinati.
Non faremo sconti a nessuno, tantomeno a S.E.L., che per ironia della sorte, come paradosso estremo che se non fosse tragico parrebbe caricaturale, è l’acronimo di “Sinistra Ecologia e Libertà”, che speriamo non diventi libertà di inquinare l’aria che respiriamo.
Di seguito riassumiamo il peggio delle due proposte:
Proposta legge Regione Lazio “205/2014:
Articolo 2 lettere D, E, F. : Si noti il ripetuto riferimento all’aspetto energetico.
Articolo 2 lettera J: trasformare in biocombustibili e materiali per la bioedilizia la biomassa delle piante usate per bonificare terreni inquinati da “forte presenza di metalli pesanti”, ma allora perche la EU avrebbe messo al bando la vecchia benzina al piombo sostituendola con la attuale “verde”?
Articolo 4 al comma 1: finanziamenti della regione “ nei settori industriale, alimentare, energetico ed ambientale”.
Articolo 4 al comma 2 lettera D: la biomassa ottenuta dalla fito depurazione in impianti a biomasse esistenti.
Commento: In Italia non esistono attualmente forni con filtri antiparticolarato utili a tal fine, quei filtri fermano solo le particelle di granulazione maggiore lasciando passare le più fini che sono anche le più pericolose.
Verrebbe quindi incenerita negli impianti a biomasse, che non sono stati concepiti per incenerire materiale inquinato e quindi disperderebbero le micro particelle nell’aria.
Questa norma inizialmente prevede lo smaltimento della biomassa inquinata in “particolari forni”attualmente inesistenti, adeguandosi poi alla realtà con la seconda possibilità prevista “o impianti a biomasse esistenti”.
Tradotto significa che se fosse approvata, finirebbero tranquillamente nella seconda destinazione indicata che è anche l’unica esistente.
Questa soluzione aggraverebbe la vivibilità ambientale, scatenando la giusta irata reazione delle popolazioni che vivono nelle località limitrofe, creando una situazione lesiva della salute pubblica a vantaggio dei grossi investimenti.
Torniamo solo un attimo al progetto di legge nazionale già analizzato nella prima parte, per sottolineare una interessante coincidenza:
Progetto di legge della XIII Commissione Permanente (Agricoltura)della Camera dei deputati.
Articolo 2 lettera b), e) + comma 3, comma 3 lettera b):
b) la fornitura di semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, oli o carburanti
alle industrie di diversi settori, compreso quello energetico.;
e) coltivazioni finalizzate alla bonifica di siti inquinati;
3. L’uso della canapa come biomassa ai fini energetici di cui alla lettera
b) è consentita negli impianti non superiori a 150 kW, esclusivamente per l’autoproduzione
energetica aziendale e nel caso della coltivazione destinata alla fitodepurazione
di superfici inquinate. Le regioni possono autorizzare l’utilizzo della biomassa derivante
da canapa per fini energetici di cui alla presente lettera, solo in impianti già esistenti e dopo aver appurato l’impossibilità di impiego delle stesse per altri utilizzi.
Questo disegno di legge nazionale, successivo a quello regionale, avrebbe visto la collaborazione dello stesso Stefanini, come da egli affermato nel video lincato sopra nella parte iniziale, dal sito di canapa live e sempre dal sito della associazione della quale è attualmente vicepresidente, prendiamo atto che egli è “oggi responsabile politiche per l’ambiente di Sel” alla pag, http://www.canapalive.it/page/3/ .
Il progetto di legge della Camera, all’art 2, comma 3 lettera b, oltre ad autorizzare le industrie e aziende private all’utilizzo di “canapa per fini energetici”, con la biomassa della “coltivazione destinata alla fitodepurazione di superfici inquinate”, affida casualmente, proprio alle regioni la competenza di autorizzare “..l’utilizzo della biomassa derivante da canapa per fini energetici di cui alla presente lettera, solo in impianti già esistenti..”.
Di fatto la il progetto di legge dalla Camera, legittima e rafforza sinergicamente la lettera D, al comma 2 dell’articolo 4 della proposta di legge regionale 205/2014 depositata mesi prima in Regione Lazio: “Interventi per la coltivazione della canapa per colture finalizzate alla fito-depurazione di terreni contaminati da bonificare, la biomassa prodotta sarà smaltita in particolari forni con filtri antiparticolarato o impianti a biomasse esistenti..”.
TRADOTTO SUONEREBBE ALL’INCIRCA COSì: Sappiamo che quelle biomasse inquinate andrebbero trattate con estrema cautela e bruciate solo in particolari forni con filtri antiparticolarato e se ci fossero lo faremmo ma siccome non ne abbiamo, le bruciamo in quelle centrali a biomassa usate per produrre energia, dove teoricamente dovrebbe finire solo materiale non inquinato, però poi almeno le ceneri di granulometria maggiore, che non sono volate via, le stocchiamo in spazi ridotti.
Ricordiamo con nostalgia le battaglie fondanti della sinistra del ‘900, le occupazioni delle terre, le riforme agrarie, la difesa dei diritti della popolazione contadina dal prepotente strapotere latifondista, l’antagonismo a quella congiunzione tra la fine del vecchio feudo e gli albori della mafia nuova, che si macchiarono della orrenda strage del Primo Maggio a Portella Delle Ginestre e non capiamo come SEL abbia potuto proporre, sottoscrivere e sostenere in campo agricolo, proposte di destra come queste, sia alla Camera che in Regione Lazio.
Ci chiediamo basiti, come possa essere caduta così in basso SEL, se ciò sia dovuto ad una carenza di analisi dei testi di legge presentati e dei loro aspetti controversi o se sia frutto di una scelta deliberata che in tal caso sarebbe una contraddizione dei propri principi fondanti e una rinnegazione del proprio DNA. Contestualmente li avvisiamo che, qualora queste proposte di legge non venissero ritirate o modificate nelle parti irricevibili, ci impegniamo fin da ora a lanciare l’allarme a tutte quelle reti e realtà territoriali di base, in difesa dei nostri territori.
Reti associative che, pur senza fregiarsi della parola “ECOLOGIA” nel nome della propria organizzazione, hanno veramente a cuore la futura vivibilità del pianeta e del proprio territorio oltre che la salute pubblica da queste derivanti.
Ecco le fonti delle due proposte di legge citate, visionabili e scaricabili dai siti istituzionali della Regione Lazio e della Camera dei Deputati.
* http://atticrl.regione.lazio.it/allegati/propostelegge/TESTI_PROPOSTI/PL%20205.pdf
*http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2015/03/26/leg.17.bol0413.data20150326.com13.pdf
ARTICOLO TRATTO DA BIOCANNABIS.IT
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