Smettere di fumare: la Cannabis come sostanza di passaggio per uscire dalle Dipendenze.

Progetto FreeWeed - Legalizzazione Cannabis

Erroneamente etichettata come sostanza di passaggio a droghe pesanti, la cannabis aiuta a smettere di fumare. La cannabis è spesso stata in passato erroneamente etichettata come “sostanza di passaggio” verso le droghe pesanti. Molti studi, il primo effettuato da Tod Mikuriya negli anni ’70, dimostrerebbero come sì, la cannabis possa essere una sostanza di passaggio, ma non per arrivare all’assunzione di altre sostanze, bensì per uscirne e per smettere di fumare. Ricerche sempre più frequenti dimostrerebbero quindi come la cannabis possa essere un farmaco di sostituzione e di uscita da altre sostanze.

Uno studio effettuato in California ,ha esaminato la comparsa e, successivamente, l’efficacia del fenomeno detto “di sostituzione” in pazienti canadesi di cannabis medica che dovevano trattare stati di dipendenza da alcool e droghe. La sostituzione è la scelta consapevole di utilizzare un farmaco (o una sostanza) al posto di un altro, prendendo in considerazione elementi come il rischio di una potenziale dipendenza, l’efficacia nell’alleviare i sintomi e il livello di accettazione sociale della sostanza. La metà del campione delle persone intervistate affermarono di utilizzare la cannabis come sostituto ritenuto meno dannoso dell’ alcool e di essere così riusciti a smettere di bere. Il 57% del campione invece affermò di utilizzare cannabis come sostituto di droghe illecite. Alcuni pazienti affermarono anche di essere riusciti a smettere di fumare tabacco grazie all’uso di cannabis.

Per quanto riguarda il fumo delle sigarette, è stato dimostrato come fumare cannabis, in quantità anche molto leggere, possa aiutare a uscire dalla dipendenza da tabacco, quindi a smettere di fumare. Questo accade anche perché rimane inalterato il “gesto” di fumare, molto importante per chi ha questo tipo di dipendenza. Inoltre le proprietà rilassanti della cannabis possono aiutare a alleviare lo stress causato dalla cessazione dell’uso del tabacco. Un’indagine inglese del 2008, condotta dal team della dottoressa Celia Morgan dell’ University College of London , afferma che il cannabidiolo (CBD) potrebbe curare la dipendenza da nicotina.
Ventiquattro pazienti di età compresa tra i 18 e i 35 anni sono stati divisi in due gruppi: il primo trattato con cannabidiolo tramite un inalatore e il secondo, il gruppo di controllo, trattato con un placebo. Nel gruppo trattato con CBD i pazienti hanno diminuito considerevolmente il numero di sigarette fumate, mentre nel gruppo di controllo la quantità di sigarette fumate era rimasta praticamente inalterata. Il cannabidiolo sarebbe quindi utile perché darebbe risultati senza far aumentare il desiderio di fumare che sta alla base delle ricadute e in generale per smettere di fumare. Un’altra ricerca condotta dalle Università del Kentucky e del Maryland, in collaborazione con una casa farmaceutica, con lo scopo trovare nuovi e efficaci trattamenti alternativi alla dipendenza dall’alcool, ha scoperto come alcune zone del cervello danneggiate dall’abuso di questa sostanza, possano rispondere positivamente ad iniezioni dirette di CBD.

Gli esperimenti condotti sui ratti dimostrerebbero come l’uso topico di derivati della cannabis possa essere, come la vaporizzazione, un’occasione di utilizzare a pieno le capacità medicinali di questa pianta senza però doverla fumare.abuso di alcol cannabis. La vaporizzazione è infatti un metodo di assunzione della cannabis (ma anche di altre erbe benefiche) che si sta rapidamente diffondendo, grazie anche ad un’aumentata consapevolezza verso gli aspetti medici di questa pianta; infatti con la vaporizzazione si eliminano non solo le componenti tossico-nocive tipiche della combustione (anidride carbonica, monossido di carbonio ecc..), ma anche tutti quei composti che si sviluppano in conseguenza delle trasformazioni chimiche degli additivi aggiunti al tabacco e alla carta da sigaretta (benzopireni, formaldeide, ammoniaca ecc..).

Vaporizzare significa quindi volatilizzare i principi attivi tramite applicazione di calore non sufficiente a generare autocombustione o carbonizzazione (generalmente sotto i 220°C), può dunque essere un occasione per evitare non solo i danni del fumo, ma anche la contaminazione dei composti benefici della cannabis con nicotina e monossido di carbonio, due molecole indubbiamente psicoattive i cui effetti sinergici con i cannabinoidi non sono mai stati realmente testati. Risulta però evidente a chiunque abbia provato un vaporizzatore, che l’effetto narcotico e di ‘spossatezza’ tipico dell’uso di marijuana combusta venga enormemente ridotto, in favore dei reali principi attivi presenti nella pianta. Questo perché ci sono certamente selezioni genetiche di cannabis che favoriscono il sonno, ma non tutte.

Di fatto la maggior parte della ‘debilitazione’ da assunzione di cannabis è dovuta proprio alla sinergia di nicotina e monossido di carbonio che, diminuendo l’apporto di ossigeno ai tessuti, creano una vera e propria carenza nell’organismo, impossibile da evitare senza smettere di fumare.

 

Fonte: Redazione www.usomedico.it

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