Articolo di Fabrizio Ferrante
Come prevedibile, nei mesi che possono, o potrebbero, portare alla eventuale legalizzazione della cannabis e dei suoi derivati in Italia, impazza il terrorismo più o meno velato come unico metodo argomentativo che i proibizionisti utilizzano pur di combattere una legalizzazione ormai non più rinviabile. E’ necessario contrapporre la conoscenza al bieco terrore. Dopo le campagne di panico sull’Amnèsia equiparata all’eroina, in questi giorni è stata (di nuovo) presa di mira la Skunk, sebbene tale denominazione abbia una valenza davvero marginale, come d’altronde nel caso della stessa Amnèsia.
Questo perché, come ricorda il Sen. Manconi “La cannabis diventa tanto più nociva quanto più è illegale”. Sul contenuto di Thc, spesso preso di mira dai detrattori: “I principali esponenti del proibizionismo è su questo che insistono, al punto da aver elaborato e diffuso l’argomento che ‘le canne non sono più quelle di una volta’. Questa affermazione ha le gambe corte perché questa nocività non conferma le loro teorie, ma è l’esatto contrario: è il regime proibizionistico che ha prodotto questa eventuale variabile. Il proibizionismo determina una qualità non controllabile della sostanza e, poi, essendo una sostanza interamente gestita dal mercato criminale, ne incentiva tutte le forme di sofisticazione”. Queste sono parole pronunciate da un parlamentare membro dell’Intergruppo per la Legalizzazione e non da un ultrà antiproibizionista, che rendono decisamente goffi i tentativi di chi diffonde fantomatiche indagini scientifiche attestanti – rigorosamente al condizionale – che questa o quella varietà di cannabis potrebbe essere foriera di chissà quali effetti nefasti: dalla psicosi alla sindrome bipolare. Così, mentre quasi ci si dimentica dell’Amnèsia descritta come “erba dagli effetti dell’eroina” solo pochi mesi fa, si passa alla criminalizzazione della Skunk (varietà ad oggi quasi anacronistica) come danneggiatrice potenziale del cervello. Già, potenziale, essendo stato ammesso dagli stessi ricercatori (come riportato alcuni giorni fa dal sito Wired e da FreeWeed) che non esistono nessi dimostrati di causa-effetto ma che, anzi, in taluni soggetti sia ipotizzabile una propensione senza controindicazioni all’uso di cannabis a causa di una maggior presenza ed efficienza dei ricettori di Thc nel cervello.
Eppure, nonostante i tempi per la legalizzazione sembrino maturi ed è stato determinante nell’immaginario collettivo il ruolo terapeutico della cannabis per abbattere tanti muri sulla reputazione negativa di questa sostanza, continuano le vessazioni a spese dei consumatori con pesanti sanzioni irrogate anche a soggetti che avevano fumato fino a due giorni prima. Come accaduto qualche settimana fa a un ragazzo a Bettona, in provincia di Perugia, costretto a un controllo ospedaliero da cui è uscito positivo dopo un fermo dei carabinieri mentre era alla guida, privato della patente e spedito al Sert nonostante avesse fumato l’ultima volta due giorni prima e fosse lucido – a suo dire – al volante.
Un esempio in carne e ossa di quanto necessaria sia la Carta dei Diritti per proteggere i consumatori da situazioni che potrebbero verificarsi in futuro (alla guida ma anche sul lavoro o in altri contesti sociali) anche eventualmente con la cannabis legale. Questo a causa del lungo processo di smaltimento dei metaboliti della cannabis, presenti nell’organismo per diversi giorni fino a oltre un mese per i consumatori assidui, ed occorre necessariamente tenerne conto nel redigere una legge sul tema.
One response
Tra qualche settimana quale altra qualità verrà indicata come ” droga pesante?”