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Una nuova pronunzia assolutoria della Quarta Sezione della Suprema Corte di Cassazione in relazione ad una condotta di coltivazione che il giudice di merito aveva, invece, giudicato come costituente reato.
Ci sarebbe da sciogliere la campane a festa, eppure la sentenza che si pubblica appare troppo didattica, perchè l’attenzione dei giudici di legittimità pare, infatti, più concentrata sul dissertare in senso astratto delle implicazioni relative al tema dell’offensività della condotta, piuttosto che calare questo, peraltro, importantissimo argomento in modo approfondito e dettagliato nella vicenda in questione.
Sarà – forse – uno scupolo eccessivo di chi scrive, ma ritengo che, oltre alla valutazione dell’assenza di concreto pericolo, nella condotta di coltivare cinque piante, dalle quali ricavare un modestissimo quantitativo di sostanze drogante, avrebbe dovuto venire valorizzata, quale scriminante, la conclamata destinazione del prodotto all’uso personale, orientamento che, invece, viene espressamente e programmaticamente negato [“Va premesso che questa Corte di legittimità ha statuito di recente che la coltivazione di stupefacenti, sia essa svolta a livello industriale o domestico, costituisce reato anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 28605 del 24/04/ 2008 Ud., Di Salvia, Rv. 239920)”].
D’altronde, il senso di incompiuto che traspare dalla sentenza emerge da alcune chiare discrasie, che vanno evidenziate e che inficiano il provvedimento, specialmente nella parte in cui si legge testualmente che pare che “il giudice di merito non abbia fatto buon governo dei principi illustrati, laddove ha riconosciuto a fronte delle oggettive circostanze del fatto e della sia pure modesta attività di coltivazione posta in essere “.
Apparirebbe, infatti, assai interessante sapere cosa abbia inteso la Corte per “oggettive circostanze del fatto”, atteso il ricordato ripudio pregiudiziale della valenza esimente del consumo personale, riconosciuta, invece, in altre sentenze.
Le sconosciute oggettive circostanze del fatto devono, quindi, essere apparse significativamente rilevanti per i giudici di legittimità si da corroborare positivamente quella tangibile modestia dell’entità della coltivazione, che non era mai stata ritenuta – ad oggi dalla giurisprudenza prevalente – particolarmente decisiva a fini di assoluzione del coltivatore.
In conclusione, la riaffermazione della rilevanza positiva del principio dell’offensività, da un lato, può essere accolta favorevolmente come indice di un cammino ormai irreversibile nel superamento di opinabili valutazioni di natura astratta, permettendo, così, l’adozione di termini davvero concreti in sede di giudizio.
Da altro lato, però, tale principio (l’offensività) non può e non deve essere circoscritto – come nella fattispecie – solo ad alcuni profili (ad es. numero delle piante, quantità di sostanza drogante etc.).
Esso deve, infatti,operare nella massima estensione possibile, ricomprendendo anche l’esame dell’atteggiamento psicologico dell’agente, che nel contesto della coltivazione appare dato ineludibile..
Se la condotta del coltivatore, per essere sanzionabile deve porre in pericolo il bene giuridico presidiato dalla norma incriminatrice, non vi è chi non veda come la volontà del singolo di coltivare a proprio uso e consumo costituisca una condotta che va esattamente nel senso opposto al fine perseguito dal dpr 309/90.

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Di Avvocato Carlo Alberto Zaina

L’Avvocato Carlo Alberto Zaina, nato a Rimini nel 1956, patrocinante in Cassazione e Magistrature Superiori, laureato a Bologna nel 1980, iscritto al foro di Rimini, esercita la libera professione. Cellulare: +39 333 9030931

Un pensiero su “2 marzo 2015 – Nuova Sentenza Assolutoria della Cassazione”

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